Quando vent’anni fa iniziarono a piovere bombe sul Kosovo, Dushi non era che un bambino. Suo padre Xhelal lo mise assieme alla madre e ai suoi fratelli su uno dei tanti treni diretti a Blace, in Macedonia. Nelle undici settimane di quella primavera del 1999 Xhelal invece restò a Mitrovica. A ogni barlume in cielo, uno squarcio nella terra. Una crepa profonda che avrebbe risucchiato per sempre i vivi e i morti. Quindici anni dopo, Dushi, allora 28enne, si è trovato invischiato in un’altra guerra, quella in Siria. Non credeva al Califfato né alla sharia né alla guerra contro gli...