La legge sul «Ripristino della natura» non è riuscita a superare l’ultimo scoglio rappresentato dal Consiglio dell’Unione europea. Dopo la faticosa approvazione da parte del Parlamento europeo a fine febbraio con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti, era necessario il via libera del Consiglio per renderla operativa. Ma nella riunione del 22 marzo, con i rappresentanti dei 27 Stati membri, è venuta a mancare la maggioranza qualificata per l’approvazione (il 55% dei paesi della Ue in rappresentanza del 65% della popolazione).

L’UNGHERIA DI ORBAN HA RITIRATO ALL’ULTIMO momento il sostegno alla legge, spostando gli equilibri a favore del fronte contrario e facendo saltare la discussione del documento finale. Tutto è stato rinviato a data da destinarsi, con poche possibilità che la legge possa completare il suo iter. Hanno pesato le forti opposizioni dei governi di Italia, Polonia, Svezia, Olanda, insieme all’astensione di Austria, Finlandia, Belgio. La Francia e la Germania, invece, hanno sostenuto la nuova normativa. Il governo italiano si è particolarmente distinto nel considerare le norme presenti nel disegno di legge come «fanatismo ultraecologista».

I SETTORI LEGATI ALL’AGROBUSINESS, ma anche alcune associazioni di categoria degli agricoltori, hanno esercitato forti pressioni sui governi nazionali per impedire che vada in porto la legge che per la prima volta introduce in Europa norme per il ripristino degli ecosistemi. Si sta prospettando una ulteriore marcia indietro in campo ambientale, sicuramente la più carica di conseguenze, da parte dell’Unione europea. Un arretramento che si era già manifestato con il rinnovo per altri 10 anni dell’autorizzazione all’impiego del glifosato, l’accantonamento di gran parte degli obiettivi del New Deal, tra cui la riduzione del 50% della quantità di pesticidi entro il 2030, il via libera in Europa ai nuovi Ogm. Mentre è in atto una corsa al riarmo e avanzano i programmi per una economia di guerra, i paesi europei arretrano su tutti i fronti per quanto riguarda la tutela dell’ambiente e della salute.

LA NATURA PUÒ ATTENDERE quando i venti di guerra spirano in tutte le direzioni e c’è una scadenza elettorale che vede i partiti conservatori europei impegnati a raccogliere il consenso dei ceti sociali che hanno tratto benefici dalle politiche anti-ambientaliste. Cosa comporta la mancata approvazione della legge sul «Ripristino della natura» e l’attuazione delle misure agro-ambientali in essa contenute? Ripristinare la natura significa recuperare gli ecosistemi terrestri e marini degradati o distrutti, potenziando la loro struttura e le funzioni che svolgono. Che ci sia la necessità di una legge appare chiaro osservando i dati che vengono forniti dagli stessi organismi comunitari: oltre l’80% degli habitat europei è in cattivo stato, il 70% dei terreni agricoli si trova in condizioni di degrado, il 10% delle specie di impollinatori è a rischio estinzione. La legge fissa per i paesi dell’Unione europea l’obiettivo di ripristinare entro il 2030 almeno il 30% degli habitat terrestri, marini e di acqua dolce che si trovano in cattive condizioni, percentuale che sale al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050.

LO SCOPO È QUELLO DI CONTRIBUIRE al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima, biodiversità, sicurezza alimentare. Ciascun paese deve elaborare piani nazionali di ripristino per riportare in buono stato di salute foreste, praterie, zone umide, fiumi, laghi, zone costiere, barriere coralline. Vengono indicate le misure da mettere in atto: sostegno alla conservazione delle aree naturali protette, miglioramento della connettività tra habitat, uso ridotto o abbandono di pesticidi e fertilizzanti chimici, ripristino di una parte delle torbiere drenate per la loro capacità di trattenere il carbonio, riduzione della presenza di piante alloctone nei prati naturali, zone umide, foreste.

NEL VOTO DEL PARLAMENTO SI E’ DATA priorità agli interventi nelle zone Natura 2000, un sistema di aree protette destinate alla conservazione della diversità biologica e in cui sono presenti specie animali e vegetali meritevoli di protezione a livello continentale.

NATURA 2000 SI OCCUPA anche dello spazio marittimo e i paesi europei che si affacciano sul mare devono individuare una rete di habitat marini e di specie da difendere. Anche per gli ecosistemi forestali, che coprono un terzo del territorio della Ue e svolgono un ruolo importante nel contrastare i cambiamenti climatici, la legge fissa l’obiettivo di migliorare il loro stato utilizzando indicatori specifici come il numero di specie di uccelli e la quantità di legno morto, che costituisce un habitat per molti organismi e partecipa alla formazione del suolo.

PER I FIUMI EUROPEI VIENE POSTO L’OBIETTIVO di consentire lo scorrimento libero dell’acqua per 25 mila chilometri del loro corso, rimuovendo le barriere obsolete o inutilizzate in modo da favorire il movimento di acqua, sedimenti, organismi animali, a vantaggio dello stato delle acque e della biodiversità. Anche per le zone urbane, che rappresentano il 22% della superficie terrestre della Ue, la legge indica l’obiettivo del mantenimento degli spazi verdi (parchi, giardini, prati) e l’aumento della copertura arborea.

PER QUANTO RIGUARDA GLI ECOSISTEMI agricoli la questione è più complessa. Ogni paese dovrà registrare miglioramenti in almeno due di questi tre indicatori: stock di carbonio organico nei terreni coltivati; percentuale di superficie agricola che contengono elementi con elevata biodiversità (terreni a riposo, siepi, stagni, fasce fiorite, alberi da frutto); indice delle farfalle comuni. Le categorie agricole ostili alla legge hanno molto ironizzato su questo ultimo indice, ma sono proprio le farfalle a rappresentare un importante indicatore dello stato di biodiversità di un terreno coltivato. Dall’inizio degli anni ’90 è scomparso quasi il 30% delle farfalle e l’indice che misura la loro presenza è passato da 114 punti nel 2011 a 76 punti nel 2020, rilevando la forte diminuzione. Si può ironizzare su farfalle e api, ma va ricordato che il valore della produzione agricola annua dell’Unione europea che dipende dagli insetti impollinatori è pari cinque miliardi di euro.

LE NORME PRESENTI NELLA LEGGE, se rese operative, sarebbero in grado di invertire la tendenza alla diminuzione degli impollinatori. Il settore agricolo è quello che ha opposto le maggiori resistenze, ma solo degli ecosistemi sani possono garantire una adeguata produttività agricola, contrastando gli effetti dei cambiamenti climatici (siccità, ondate di calore, inondazioni). La legge che è uscita dal Parlamento europeo, allo scopo di contenere l’azione delle forze ostili, prevede la possibilità di sospendere gli obiettivi relativi agli ecosistemi agricoli in circostanze eccezionali o se il raggiungimento degli obiettivi dovesse comportare una diminuzione della superficie agricola. Ma neanche questo è bastato. Una colpevole miopia sta portando al blocco di una legge le cui norme possono rendere meno insostenibili le attività umane.