A non voler scomodare l’insostenibile shopping egiziano di armi (tra il 2015 e il 2019 import militare incrementato del 206%, 40 accordi per 15 miliardi di dollari) o la costruzione di una città nuova di zecca (New Cairo, costo stimato: 58 miliardi di dollari), basterebbe l’ultimo annuncio in ordine di tempo a capire quali sono le priorità di spesa del regime: a metà gennaio è stato annunciato l’accordo con la tedesca Siemens per una ferrovia ad alta velocità, 23 miliardi di euro.

Un costo notevole soprattutto alla luce delle notizie che, in piena pandemia, con 167mila casi totali e 9.407 morti (dati aggiornati a ieri), il governo ha girato al grande pubblico: il vaccino contro il Covid-19 sarà a pagamento perché il ministero della Salute non ha abbastanza soldi per coprire la spesa di immunizzazione di 100 milioni di cittadini.

Secondo quanto fatto sapere dalla ministra della Salute Zayed, il piano di vaccinazione prevede la fornitura gratis a chi non può permetterselo, gli altri lo devono pagare «come pagano i vaccini per la normale influenza». E, aggiunge, sarà considerato indigente solo chi è registrato nel programma di welfare «Solidarietà e dignità».

Hanno chiesto di esservi registrati 35 milioni di egiziani ma, secondo fonti che hanno parlato con l’agenzia indipendente Mada Masr, solo 15 milioni sono effettivi beneficiari. Altre fonti a Middle East Eye parlano di vaccinazioni gratis solo per quattro milioni di persone, il 4% della popolazione, per lo più vedove, mamme sole e disoccupate, anziani e disabili.

L’annuncio ha provocato reazioni. Tra queste quella dell’avvocato Khaled Ali, noto attivista per i diritti umani ed ex candidato alla presidenza, che ha presentato una denuncia contro il presidente al-Sisi, il premier e la ministra della Salute, definendo la mancata gratuità del farmaco una violazione della legge.

Di certo è un peso immenso sulle spalle di un popolo sempre più povero (il 30% vive sotto la soglia di povertà fissata dal governo a 45 euro, un altro 30% poco sopra) e un azzardo sanitario. Se non si può pagare, non ci si vaccina, un rischio per i singoli e per tutta la collettività.

La campagna di immunizzazione è partita il 24 gennaio con la vaccinazione in diretta tv di un medico e un’infermiera dell’ospedale Abou Khalifa di Ismalia. A oggi sono arrivate in Egitto 100mila dosi del vaccino cinese Sinopharm e 50mila di AstraZeneca. I primi a riceverne saranno i lavoratori sanitari (per loro è gratuito).

Ma per vaccinare tutti, dice il governo, servirebbero 665 milioni di euro che il ministero non ha, come ribadito da fonti interne al dicastero a Mada Masr. Il budget per l’emergenza sanitaria approvato nel 2020 non può essere rivisto quest’anno, 4,9 miliardi di euro che riescono appena a coprire le spese per ricoveri e attrezzature ospedaliere. E che sono insufficienti: da mesi i medici denunciano la mancanza di protezioni individuali, respiratori e posti letto, in molti casi finendo sotto interrogatorio.

Da cui l’appello a ricchi privati e benefattori perché donino qualcosa: tra chi preme per donazioni private c’è il Tahya Masr Fund (Lunga vita all’Egitto), fondo gestito in solitaria da al-Sisi che a metà gennaio ha lanciato la campagna «We partner for humanity». Al momento avrebbe raccolto 160 milioni di sterline egiziane (8,4 milioni di euro).

Si vedrà quanto il governo riuscirà a raccogliere con il cappello in mano. Di certo il costo delle due dosi, 10 euro totali, è troppo elevato. Nel 2019 al-Sisi aveva aumentato il salario minimo da 1.200 sterline egiziane (63 euro) a 2mila (105), con un salario medio che si aggira sulle 6mila sterline (317 euro).

Ma in un’economia per buona parte informale sono tantissimi gli egiziani privi di contratto, diritti e salari prestabiliti, costretti a lavorare comunque nonostante l’emergenza Covid o rimasti senza possibilità di guadagnarsi la giornata.