Lo scorso 12 marzo Roberto Salis, padre di Ilaria, ha parlato in una conferenza stampa a Strasburgo organizzata dagli eurodeputati Massimiliano Smeriglio (Alleanza Verdi Sinistra) e Brando Benifei (PD/S&D), in occasione della plenaria dell’Eurocamera. Per il genitore dell’insegnante detenuta a Budapest da oltre un anno, l’Europa deve occuparsi del caso e l’Ungheria, paese membro dell’Ue, è tenuta al rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto e delle regole esistenti all’interno dell’Unione per garantire standard civili nel trattamento degli imputati e processi corretti.

Stiamo considerando aspetti che vedono l’Ungheria di Viktor Orbán in grave difetto. Da che il leader del Fidesz è tornato al potere, Bruxelles e Budapest sono impegnate in lunghe contese su quest’argomento. Le immagini di Ilaria condotta e tenuta in tribunale con catene ai polsi e alle caviglie, lo scorso 29 gennaio, hanno mostrato in modo chiaro quale sia il grado di salute dello Stato di diritto nel paese in questione, e quale la concezione che il governo del Fidesz-KDNP ha della giustizia e del rispetto della persona. Dati i trascorsi, tutto questo non deve sorprendere.

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Ed è in tale cornice che l’”iperattivo” ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha affermato di recente che Ilaria Salis è colpevole e che pertanto merita una punizione esemplare. Secondo il capo della diplomazia danubiana la Salis “presentata come una martire in Italia, è arrivata in Ungheria con un piano chiaro per attaccare persone innocenti per le strade come parte di un’organizzazione di sinistra radicale”.

Una frase eloquente pronunciata in modo pubblico alla salute del garantismo e di qualsiasi principio avente a che fare con la presunzione di innocenza, principio irrinunciabile per chiunque abbia a cuore il progresso civile. Cosa che evidentemente sfugge a Szijjártó e a quelli come lui.

A parte questo, è stato detto e scritto più volte che la colpevolezza della donna non è stata provata. Non è stato provato che abbia partecipato all’aggressione ai due neonazisti (le persone innocenti di cui parla il ministro ungherese) e che faccia parte di un’organizzazione della sinistra radicale che avrebbe per hobby la caccia ai nostalgici della svastica. A questo punto, sarà utile aprire una breve parentesi per ricordare a tutti gli smemorati che in Germania le “persone innocenti” che inneggiano alle SS vengono arrestate e che manifestazioni come il Giorno dell’onore, permesse in Ungheria, a parte l’eccezione di quest’anno, non sono consentite sul suolo tedesco.

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Fatta questa breve divagazione ci sono da considerare le condizioni di detenzione alle quali Ilaria è stata sottoposta. Condizioni a quanto pare migliorate leggermente da che è apparsa in catene all’udienza di fine gennaio, ma sempre molto critiche, secondo quanto afferma Roberto Salis. “Permane un sistema carcerario che ha delle carenze colossali; mia figlia deve stare chiusa in cella 23 ore al giorno”, ha detto.

Il padre dell’imputata si è anche riferito a una serie di falsificazioni da parte di Budapest: quella secondo la quale Ilaria, una volta arrestata, avrebbe potuto comunicare subito con i suoi familiari; “non l’abbiamo potuta sentire per mesi”, ha detto il padre che ha inoltre definito non veritiero quando affermato dall’ambasciatore ungherese a Roma, ossia che Ilaria sarebbe già stata condannata in Italia per reati simili. Queste manipolazioni fanno il paio con le “sentenze” emesse da Szijjártó che prima ancora del processo definisce Ilaria colpevole e auspica una condanna esemplare. Lui auspica senza considerare che la donna sta già scontando una condanna attraverso un’assurda custodia cautelare.

Secondo Roberto Salis quello a carico di sua figlia è sempre più un processo politico. Nel suo intervento a Strasburgo ha denunciato le pressioni del governo ungherese sulla magistratura; altro problema di cui si parla da tempo all’interno dell’Ue relativamente alla situazione in cui si trova il paese dal punto di vista dell’autonomia delle varie istituzioni dal potere politico.

Ilaria tornerà in tribunale il prossimo 28 marzo per un’udienza operativa. In quell’occasione verrà presentata istanza per i domiciliari in Ungheria. Tutto questo dopo che per tre volte era stata avanzata una richiesta di domiciliari in territorio italiano dato che, precisa Salis padre, “problemi di sicurezza che riguardano il caso di nostra figlia non ci consigliavano di fare altrimenti”.

Da queste righe parte un auspicio ben diverso da quello di Szijjártó: che si faccia di tutto per riportare Ilaria a casa.