Il semestre ungherese di presidenza del Consiglio dell’Ue, appena iniziato, sembra fare da amplificatore alle posizioni invise di Viktor Orbán sulle questioni di politica internazionale, sui rapporti in tale ambito e sulla crisi russo-ucraina. È noto che le tournée del premier ungherese, da questi definite “missioni di pace”, hanno stizzito non poco i vertici di Bruxelles e i leader di diversi stati membri dell’Ue.

Di recente Orbán è stato a Mosca per incontrare Vladimir Putin e parlare di pace, oltre che di affari riguardanti le relazioni bilaterali. Alle critiche di Bruxelles e dintorni, il nostro ha risposto che se si vuole la pace non si può aspettare seduti comodamente su una poltrona che la guerra finisca come per miracolo. Successivamente ha inviato una lettera in nove punti al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in cui ha chiarito di non essersi arrogato il diritto di parlare a nome dell’Ue. L’incontro con Putin quindi è stato una sua iniziativa di ricerca di una soluzione pacifica alla crisi. Da notare che già negli anni scorsi, a guerra iniziata, Orbán si era segnalato come possibile facilitatore, come leader politico desideroso di dar vita a un processo di ricomposizione. Oggi si definisce “onesto mediatore”, a voler sottolineare la genuinità delle sue iniziative a favore della pace.

Il suo viaggio in Cina non ha fatto altro che rincarare la dose delle critiche. Il premier danubiano è stato giorni fa a Pechino in quella che ha definito “missione di pace 3.0” per supportare il piano cinese in sei punti, promosso a maggio insieme al Brasile, e privo del sostegno e del mandato del blocco euro-atlantico. Per Orbán la Cina è una potenza chiave ai fini della creazione delle condizioni per la pace tra Russia e Ucraina. In quella circostanza il capo del governo ungherese ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping due mesi dopo che questi si era recato in visita a Budapest. A Pechino le parti hanno anche stretto importanti accordi di cooperazione commerciali. In questo modo l’esecutivo di Budapest ha assunto una posizione contraria a quella dell’Ue che ha imposto dei dazi alle importazioni cinesi.

Questi accordi sono molto importanti per un’economia fragile come quella ungherese, bisognosa di sostegni esterni. In questi anni la situazione del paese ha fatto registrare un peggioramento delle condizioni sociali dovuto, tra le altre cose, al considerevole aumento dei prezzi; particolarmente problematico quello dei beni alimentari. A maggior ragione considerando il congelamento dei fondi Ue, il governo ungherese rivendica il diritto alla libertà di stringere rapporti economici con chi ritiene possa portare ossigeno al paese. Ma non si tratta solo di questo, come vedremo più avanti.

Orbán ha poi incontrato Donald Trump a Mar-a-Lago, dopo il vertice NATO e si è detto molto soddisfatto dell’esito dell’incontro. A suo avviso il candidato alla presidenza USA è uomo di pace con i mezzi per risolvere la crisi. I leader dell’Ue continuano a prendere le distanze ed è lecito chiedersi cosa abbia in mente il premier ungherese. La sua alleanza dei Patrioti per l’Europa vede al suo interno soggetti politici che hanno buoni rapporti con Putin. Essa intende chiaramente spostare l’asse politico dell’Ue a destra e contrastare il progetto di un’Ue liberale. Orbán e i suoi rivendicano, evidentemente, il diritto di guardarsi intorno senza fermarsi a quello che verrebbe percepito come “pensiero unico” imposto dalle istituzioni comunitarie e atlantiche, e anche questo è un tentativo di spostamento dell’asse Ue-NATO in termini di alleanze strategiche. Il governo Orbán in questi anni ha cercato di ostacolare l’applicazione di sanzioni alla Russia e l’invio di aiuti militari ed economici all’Ucraina. È chiaro che il medesimo non ha intenzione di agevolare e accelerare il processo di adesione di Kiev all’Ue, preferendo sostenere quello dei Balcani occidentali che appaiono più funzionali alle mire orbaniane. Per l’”enfant terrible” dell’Ue i Balcani occidentali hanno importanza centrale nel rilancio dell’economia Ue e nel difendere l’Unione dai flussi migratori clandestini; tema quest’ultimo molto caro al nostro che sembra considerare la regione prima menzionata come una possibile area di influenza ungherese con la quale avere un contributo in termini di impegno a mostrare una strada diversa da quella indicata da Bruxelles. Si tratta di una partita geopolitica che forse Orbán sta proponendo da “onesto mediatore”, e siamo solo all’inizio.