Il primo mattone per riedificare una prospettiva di sinistra non può che essere l’uguaglianza, ma non uno striminzito concetto economico, ma una tempesta rigeneratrice che sconvolge e rianima tutta la società.

L’uguaglianza non deve essere una punizione o una sorta di vessazione per chi ha molto, tipo una tassa patrimoniale, per dare a chi ha meno, ci vorrà anche quella, ma non è questo il tema. Se l’uguaglianza non diventa un costrutto della società, una dimensione che attraversa tutti i cagli della società, un costume, un modo di pensare, una cultura, produrrà reazioni e rigetti, non solo in chi pensa di essere colpito nel suo patrimonio, ma anche in chi avrà paura di essere colpito in futuro, o anche in chi si sente sminuito dall’essere uguale, o da chi pensa che la meritocrazia, debba essere lo strumento che organizza la società, perché le differenze sociali dipendono da quanto uno si è speso e sacrificato.

Questo è l’inganno che ci viene offerto dal pensiero egemone, da un pensiero che non ci vuole liberi ma piuttosto sottomessi anzi, meglio ancora, auto-sottomessi. È questa egemonia culturale che deve essere combattuta, rendendo egemone la cultura dell’uguaglianza.

Uguaglianza non è la massificazione, la riduzione delle diversità ad unità, ma al contrario il terreno fecondo dove l’individualità possa esplorare a pieno le sue possibilità e possa esaltarsi nelle e delle differenze. Uguaglianza e individualità debbono vivere in simbiosi e in questo quadro annichilire l’individualismo.

Uguaglianza e libertà hanno un cammino comune, si devono tenere per mano; si può essere liberi solo se negli occhi degli altri puoi leggere te stesso senza arrossire.
Uguaglianza fonda il rispetto reciproco, l’assenza di invidia sociale e l’indifferenza per accumulazione, sono le condizioni perché ciascuno rispetti gli altri.

Uguaglianza può esaltare i meriti solo a condizione che questi non si debbano trasformare in moneta. Non è solo il “soldo” che garantisce il riconoscimento del merito, strumenti e mezzi sociali possono essere ancora più gratificanti. Si comincia a parlare di salario minimo, mi sembra una buona cosa, ma quanto parleremo dei guadagni massimi? Ma l’uno e l’altro devono trovare collocazione dentro una prospettiva di uguaglianza.
Uguaglianza tra la generazione presenta e le generazioni future. Le grandi manifestazioni dei giorni scorsi a livello mondiale questo ci raccontano.

L’uguaglianza non è miseria generalizzata, ma piuttosto ricchezza di vita per tutti; non è appiattimento ma ragionevole articolazione sociale.

L’affermazione dell’uguaglianza richiede ricchezza di pensiero, un grande ventaglio di azioni e di pratiche; per questo ci vogliono menti fine e acume di visione prospettica. Si tratta di un lavoro collettivo, di un impegno generalizzato, di una fantasia sfrenata. Non si afferma tutta all’improvviso, ma si costruisce; si costruisce anche a partire degli episodi che la società ci mostra, assumendo la disponibilità delle nuove generazioni ad occuparsi del salvataggio del mondo.

La diseguaglianza è un mostro che sta distruggendo la nostra e le altre società, sta corrompendo spiriti onesti e dà spazio a velleità autoritarie mentre rende normale la violenza individuale.

Abbattere questo mostro si può e si deve, gli uomini e le donne hanno l’intelligenza per farlo, hanno la forza del pensiero per combatterlo, sono disposti e predisposti a questa battaglia, ma spesso brancolano nel buio di una prospettiva che sembra senza via di uscita. Tra le porte da aprire attraverso le quali far passare pensiero e azione una delle più importanti è quella dell’uguaglianza.

Non credo che il cantiere della sinistra riformista possa edificare molto se non assuma l’uguaglianza come lente per leggere la trasformazione necessaria della società. Allo stesso modo le membra sparse, forse non riunibili, della sinistra radicale potrebbero avere capacità di incidere solo se contribuissero, spendendosi con serietà, nella costruzione di una egemonia cultura dell’uguaglianza.