Un recente studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature Communications, a cui per l’Italia ha partecipato la Fondazione Edmund Mach, ha verificato che a determinare la solidità dello strato di ghiaccio in un lago non è solo lo spessore, ma anche la qualità. In particolare, sono state individuate due tipologie di ghiaccio: bianco e nero, con caratteristiche diametralmente opposte. La ricerca, denominata Ice Blitz, va inquadrata nel più ampio spettro degli studi sul cambiamento climatico, partendo da alcuni dati che bene evidenziano il mutamento in atto. Le simulazioni sugli scenari futuri indicano che 35 mila laghi del pianeta nell’emisfero nord, in un’area dove vivono 400 milioni di persone e che attualmente ghiacciano permanentemente durante l’invernoIl ghiaccio nei laghi non c’è più , passeranno allo stadio intermittente con un aumento di temperatura di 2 gradi, altamente probabile. 5.700 di questi specchi d’acqua non geleranno più entro la fine del secolo.

Lo stesso lago di Tovel in Trentino – campo dei rilevamenti da parte dei ricercatori italiani- da decenni ghiaccia ormai in media un giorno più tardi ogni due anni, perché l’autunno è sempre più caldo. Una volta ai primi di dicembre ci si andava già a pattinare, oggi è pura utopia.

La ricercatrice Ulrike Obertegger dell’Unità idrobiologia del centro ricerca e innovazione della Fem ha partecipato allo studio, di cui ci spiega la genesi. «Tutto è nato dal fatto che ci sono stati episodi di incidenti e infortuni dovuti a persone che sono cadute in acqua in diversi laghi nordeuropei. La gente abitualmente su questi laghi va a pattinare o pescare e si stima che con 10 centimetri di spessore del ghiaccio si possa camminare tranquillamente sulla superficie. Ma da un po’ di tempo, a parità di spessore, non è più così e si è cercato di comprendere le ragioni che stannoalla base di questo cambiamento».

Lo studio è stato tenuto tra dicembre 2020 e aprile 2021, e ha coinciso con uno degli inverni più caldi nell’emisfero nord dal 1880. «Ha coinvolto diversi Paesi come Russia, Finlandia, Svezia, Germania. È stato fatto un buco nell’acqua e si è misurata la variazione del ghiaccio nel corso dei mesi». Lo spessore è cambiato da uno a 103 centimetri, con una media di 29 centimetri. Inverni più caldi, con temperature che ormai fluttuano intorno allo zero, hanno portato ad avere un aumento del ghiaccio bianco, a scapito del ghiaccio nero. «Il ghiaccio nero si forma quando gela l’acqua – prosegue Obertegger – e il suo colore è dovuto al fatto che si vede il fondo. Il ghiaccio bianco invece ha come origine la neve, o pioggia che cade sulla neve. Il primo è più solido rispetto al secondo».

Il ghiaccio bianco si forma a temperature più elevate ed è più soggetto a rotture, ma la sua fragilità non è l’unica conseguenza che è emersa dallo studio congiunto dei ricercatori. «Queste due forme di ghiaccio hanno diverse caratteristiche di trasparenza alla luce: il ghiaccio nero è più trasparente, il ghiaccio bianco invece non fa passare la luce. Ci sono conseguenze importanti: in assenza di luce le alghe non possono fare la fotosintesi e i microrganismi devono adattarsi al buio». Si prefigura perciò un cambiamento della catena trofica del lago e una modificazione delle forme di vita al suo interno.

Il livello di ricerca attualmente si è già spostato verso lo studio della vita all’interno dei laghi che gelano. «Si vuole comprendere a livello di biologia che tipo di modificazioni ci possono essere. Bisogna studiare gli ecosistemi e capire che tipo di cambiamenti sono in atto sull’adattabilità delle forme di vita, sul carattere transitorio o duraturo dello stesso mutamento. I microrganismi magari possono sopravvivere semplicemente andando più verso il fondo del lago, dove le temperature sono più rigide. Allo stesso tempo bisogna capire se la mancanza di luce che c’e in profondità può essere un fattore che minaccia la loro sopravvivenza oppure no. E ancora, ci saranno i nutrimenti di cui necessitano? Può esserci un rischio di estinzione? Sono le domande attualmente sul tavolo e che saranno esplorate dallo studio».

Questa ricerca evidenzia ancora una volta come gli effetti del cambiamento climatico siano molteplici, anche impensabili, e che lavorino in contesti anche molto differenti tra loro. Il fatto che ci siano evidenze tangibili e costanti di questi mutamenti sottolinea il carattere di urgenza di un intervento per mitigare il global warming. «È necessario impegnarsi subito e davvero su scala globale per frenare l’innalzamento delle temperature. Ora vediamo i primi effetti, ma in futuro pagheremo ancora più duramente le conseguenze di quello che già sta accadendo. Non bisogna perdere tempo».