Ore di fuoco e di confusione nella Ue, a una settimana dal vertice straordinario sull’energia del 9 settembre, dove dovranno essere gettate le basi per delle decisioni concrete che presumibilmente verranno prese a ottobre dai capi di stato e di governo. Le opinioni pubbliche sono sempre più inquiete, come rivela un sondaggio Yougov fatto in tre paesi Ue (Francia, Germania, Polonia) e in Gran Bretagna: una forte maggioranza prevede rivolte (addirittura 75% in Polonia, 4 su 10 in Francia auspicano il ritorno dei gilet gialli).

IERI IL G7 FINANZA ha spinto per una «ampia coalizione» internazionale per imporre un tetto al prezzo del petrolio russo, un prezzo basato «su dati tecnici», che sia inferiore a quello attuale ma superiore ai costi, per spingere Mosca a non rinunciare a vendere. Reazione immediata dalla Russia: il portavoce del Cremlino Peskov parla di proposta «completamente assurda» che porterebbe a una «destabilizzazione significativa del mercato del petrolio» e minaccia di tagliare le consegne alle «compagnie e ai paesi» che imporranno restrizioni, «i consumatori europei e statunitensi saranno i primi a pagarne il prezzo». Sul petrolio russo, c’è il sesto pacchetto di sanzioni Ue, che prevede di tagliare i ponti con Mosca dal 5 dicembre (e dal 5 febbraio 2023 per prodotti petroliferi raffinati).

Non solo. Oggi avrebbero dovuto riprendere le forniture di gas Gazprom con la pipeline NordSteam1, che era ferma da tre giorni per «manutenzione». Ma ieri pomeriggio la Russia ha bloccato completamente la pipeline accusando la Ue di aver creato le difficoltà, c’è una sola turbina in funzione e la manutenzione deve avvenire ogni 42 giorni. Per Mosca, NordStream1 è «minacciato» per la penuria dei pezzi di ricambio a causa delle sanzioni (per le turbine quest’estate c’è stata un’eccezione, Siemens ha potuto consegnare il materiale dopo una revisione realizzata a Montreal in Canada).

SEMPRE IERI LA PRESIDENTE della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, in un intervento a Mornau a una riunione dei conservatori tedeschi, aveva affermato: «Sono convinta che è tempo di mettere un tetto al prezzo del gas delle pipeline Russia-Europa», tanto più che i «russi preferiscono bruciare il gas piuttosto che venderlo» agli europei. Sul gas, non ci sono sanzioni Ue (e difficilmente ci saranno), ma è Mosca a usarlo come arma di guerra.

LA UE STA PREPARANDO un «pacchetto invernale» per far fronte ai prossimi mesi. Bruxelles prevede prezzi alti per l’energia fino al 2024-25. La prima raccomandazione resta la diminuzione dei consumi, l’indicazione è un meno 15% entro marzo 2023. Sui tetti al prezzo, non c’è ancora intesa: molti paesi lo chiedono, il primo ministro belga Alexander de Croo ha lanciato un grido d’allarme per mettere fine al «dissanguamento» europeo, ma il documento Ue sconsiglia i price cap sui prezzi all’ingrosso, per il rischio di penuria. Potrebbero esserci dei sulla generazione “inframarginale”, cioè per le energie che hanno bassi costi di produzione e che hanno permesso enormi guadagni grazie al sistema di aggancio con il prezzo marginale (cioè quello dell’ultima centrale entrata nel gioco, che in questo periodo è sempre a gas, che ha i prezzi più alti), ma gli ecologisti si allarmano: scoraggerebbe gli investimenti nelle rinnovabili. Sul tavolo c’è la tassazione degli alti profitti di alcune società dell’energia, i «profittatori della crisi», ma molti frenano. La Ue suggerisce infine interventi pubblici a favore dei prezzi, ma mirati, per le famiglie meno abbienti.

QUESTA RICHIESTA è stata ripetuta ieri al Parlamento europeo da Left, R&D, Verdi. Von der Leyen parla ora di «riforma strutturale» del mercato dell’energia: «L’impennata dei prezzi dell’elettricità mostra i limiti del sistema del mercato dell’energia, che è stato sviluppato per circostanze diverse, il mercato attuale non è adatto alla crisi» che viviamo. La Spagna ha messo un tetto al prezzo del gas, ha ottenuto il permesso Ue perché la penisola iberica è poco interconnessa. La Francia, che ha problemi di elettricità, si è precipitata a comprare elettricità da Madrid, a un costo basso finanziato dai contribuenti spagnoli. La prova che un price cap può funzionare solo a livello europeo.