È successo: uno streamer ha vinto l’Oscar per il miglior film, anche se non è stato Netflix ma Apple+. È successo anche che l’attore che venti minuti dopo avrebbe preso l’Oscar per la miglior interpretazione maschile, è salito sul palco e ha dato un ceffone a un comico che aveva fatto una battuta infelice su sua moglie, e poi ha continuato la querelle urlando tipo rissa da bar.

È successo che Monica Vitti è stata dimenticata nel montage «In Memoriam», che gli Oscar hanno trasmesso live da Compton un numero musicale con Beyoncé circondata da ballerine in giallo canarino (o pallina da tennis) e che, eliminando qualsiasi suspense, una star del western è stata chiamata a presentare…la regista di un western, e che una star in sedia a rotelle ha rivelato che il miglior film dell’Oscar 2022 era un film con protagonisti disabili.

DALLE TRE presentatrici – Amy Schumer, Regina Hall e Wanda Sykes, che hanno fatto del loro meglio per introdurre un po’ di mordente nella saccarina generale – alla doppia/tripla dose di Encanto, ai clip di fantomatici «favoriti del pubblico», ai prossimamente che sembravano in bassa definizione, agli anniversari di film del passato (manco fossimo a un Fathom event), alla visita lampo al nuovo Museo, al momento di silenzio per l’Ucraina…quest’anno l’Academy le ha tentate proprio tutte. Purtroppo, il bilancio è decisamente deprimente.

Passi la cerimonia interminabile, piena di gaffe, che ormai annaspa disperatamente, e invano, per conquistare nuove fasce di pubblico, arruolando Sean White a introdurre un omaggio ai 50 anni di James Bond montato con la sofisticatezza di una manciata di coriandoli. Passi persino che, nell’attonimento generale, e grazie alla prontezza di riflessi di Chris Rock, l’esternazione manesca di Will Smith (seguita da lacrime da coccodrillo alla consegna del premio) è stata assorbita con la souplesse di quando Sally Field è inciampata salendo sul palcoscenico per ritirare la sua statuetta per Places in the Heart.

Quello che rimane è un palmarès orribile, in cui oltre a Jane Campion miglior regista per Il potere del cane, e a Drive My Car per il miglior film internazionale, sembra essersi salvato solo Dune che ha dignitosamente portato a casa quasi tutti i premi per le categorie «tecniche».

JESSICA CHASTAIN, un’attrice capace di sensualità e mistero, plurinominata in passato, ha vinto per una delle sue interpretazioni più grottesche in uno dei suoi film meno interessanti, The Eyes of Tammy Faye. Will Smith, che aveva catturato la magia di Mohammed Alì, è stato un autoironico bad boy e si è inventato cose interessanti in un film strampalato come Hankcok, ha portato a casa l’Oscar per un film purtroppo piatto, King Richard, in cui non cambia mai faccia. I premi per la miglior sceneggiature, originale e non, sono andati a Belfast e Coda, due titoli il cui mix di buoni sentimenti e mediocrità manipolatoria sono più emblematici di questo orribile momento culturale che di qualsiasi conclusione si possa trarre sulla qualità di quello che si è visto in sala nel 2021.

CHE «CODA» – un film la cui strategia distributiva ha deliberatamente ignorato la sala ma ha investito il tutto e per tutto nella promozione politically correct – sia stato «incoronato» il miglior film dell’anno è ancora peggio. Si sa, gli Oscar non premiano quasi mai i film che «ci» piacciono. Ma un risultato così nell’edizione in cui si poteva scegliere tra Licorice Pizza, West Side Story, Il potere del cane, Dune, Drive My Car o Nightmare Alley, è il segno di un’industria che non è solo in piena crisi di identità, ma che ha smesso di amare, apprezzare e conoscere se stessa.