Duecento miliardi di euro per mettere un tetto al prezzo dell’energia e aiutare i cittadini schiacciati dal peso delle mega-bollette. È il colossale stanziamento pubblico annunciato ieri in conferenza stampa dal cancelliere Olaf Scholz, il whatever it takes di Berlino per superare gli effetti del taglio delle forniture russe e mettere la Germania al riparo dai falchi della speculazione sul gas.

«I prezzi devono scendere e il mio governo farà di tutto per abbassarli. A beneficio sia dei cittadini che delle imprese» scandisce in due tempi il leader Spd mentre il ministro delle Finanze, Christian Lindner, seduto a fianco, sottolinea come la maxi spesa non comporterà nuovo debito: «Chiaramente, non stiamo seguendo l’esempio del Regno Unito». Bruxelles e i mercati sono avvertiti.

Ma la vera cifra da paura a Berlino ieri la diffonde l’Istituto federale di statistica (Destatis) riportando il dato da record dell’inflazione di settembre: 10%. Non succedeva da settant’anni e significa, senza se e senza ma, recessione industriale oltre ogni più fosca previsione della Bundesbank e della Banca centrale europea. Il costo dell’energia in Germania è cresciuto del 43% rispetto all’anno scorso come ha certificato ieri l’istituto Ifo.

È l’altro motivo alla base della decisione della coalizione Ampel di riattivare con la massima urgenza il Fondo di stabilizzazione economica già utilizzato durante l’emergenza Covid e da Angela Merkel ai tempi della Grande crisi finanziaria.

Duecento miliardi da aggiungere ad altrettanti stanziati lo scorso marzo «per la trasformazione energetica del Paese nei prossimi quattro anni» (come volevano i Verdi) e per sollevare i cittadini dalla sovrattassa sulle rinnovabili che non sarà più tra gli oneri in bolletta ma a carico dello Stato. Una valanga di denaro pubblico tutt’altro che distribuito “a valanga” che non comprende i miliardi che il governo Scholz dovrà sborsare per nazionalizzare Uniper, il maggiore importatore di gas attualmente controllato dai finlandesi.

E «tutto ciò che serve» è anche la parola d’ordine del ministro dell’Economia, Robert Habeck. La Germania deve ridurre (ancora, di più) il consumo di gas a livello nazionale, ricorda il vicecancelliere co-leader dei Verdi mentre rassicura sul lungo corso delle misure di sostegno destinate a rimanere in vigore fino ad aprile 2024.

Arriva così il price cap tedesco, politicamente, ben prima del tetto di Bruxelles e ufficialmente sotto forma di «scudo di difesa economica», come ha tenuto a precisare il cancelliere Scholz. Così «la Germania sta mostrando tutta la sua forza nella guerra dell’energia» è la sintomatica aggiunta del ministro Lindner.

Allegato al maxi-pacchetto anti-crisi c’è anche l’atteso piano per tassare gli extra-profitti delle compagnie energetiche che poco o nulla avevano a che fare con Gazprom e quindi non hanno risentito dei tagli. Ma non la controversa tassa sul gas che scatterà esattamente fra ventiquattro ore.