Dopo la provocatoria passeggiata del ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme, il governo Netanyahu è ora impegnato a spiegare un gesto che non è piaciuto agli amici arabi di Israele e agli alleati occidentali. Si è mosso persino il governo Meloni, destinato a diventare uno dei principali partner europei dell’esecutivo israeliano di estrema destra religiosa. L’ambasciata italiana a Tel Aviv ha fatto sapere che Roma chiede il rispetto dello status quo sulla Spianata. Critiche che il ministro degli esteri Eli Cohen ieri, a casa dell’ambasciatore degli Emirati in Israele, Mohammed Al Khaja, ha tentato di contenere incontrando gli ambasciatori di Stati uniti, Francia, Regno unito, Germania, India e Marocco. Ufficialmente la riunione ha affrontato i modi per espandere gli Accordi di Abramo. In realtà Cohen è stato impegnato a negare che la mossa di Ben Gvir nasconda l’intenzione di modificare lo status quo dei luoghi santi a Gerusalemme.

Quanto Cohen sia stato convincente non è noto. Il problema per Israele non sono gli Usa e gli europei. Il punto interrogativo sono alcuni alleati arabi. In particolare Emirati, Bahrain e Marocco, firmatari con il Sudan degli Accordi di Abramo nel 2020, e partner di vecchia data come Egitto e Giordania. Nessuno dei regnanti, presidenti e governanti di questi paesi vuole la rottura con Israele: troppi gli interessi comuni a cominciare dall’avversione per l’Iran. Allo stesso tempo non possono non tenere conto del legame tra le loro popolazioni e la Spianata di Gerusalemme e del sostegno alla causa palestinese. Netanyahu e i suoi ministri mettono in difficoltà gli alleati nella regione perché dopo Gerusalemme vogliono annettere a Israele la Cisgiordania dove i palestinesi intendono stabilire uno Stato indipendente. E si preparano ad espandere gli insediamenti coloniali considerati, non solo dai palestinesi, uno dei motivi centrali del conflitto. I palestinesi ora fanno pressione su questi paesi arabi e li invitano a rivedere le relazioni con Israele. Ieri all’Onu, prima della riunione del Consiglio di Sicurezza, i ministri degli esteri della Palestina e di alcuni paesi arabi hanno emesso una dichiarazione di aperta condanna della visita di Ben Gvir alla Spianata.

La tensione in Cisgiordania è sempre alta. Nella notte tra mercoledì e giovedì un ragazzo palestinese di 16 anni, Amer Abu Zaytun, è stato ucciso da un proiettile alla testa durante scontri a fuoco innescati da un raid dell’esercito israeliano a Balata (Nablus). È il quarto palestinese ucciso dall’inizio dell’anno. Ieri all’alba il decano dei prigionieri politici palestinesi in Israele, Karim Younis, è stato rilasciato dopo 40 anni di reclusione e ha raggiunto il suo villaggio, Ara, in bassa Galilea, dove è stato accolto da un bagno di folla. Younis, divenuto un simbolo per la sua lunga detenzione, era stato condannato per aver ucciso un soldato nel 1980. Il ministro dell’interno Arie Deri ha chiesto che sia revocata la sua cittadinanza israeliana.