La presidenza Obrador in Messico, ad oggi, ha consensi popolari altissimi. Ma nei chiari e scuri dei primi 100 giorni non mancano le voci critiche. Ne parliamo con il docente alla Uam ed editorialista de La Jornada, Carlos Fazio.

Che bilancio si può fare dei primi 100 giorni di Amlo?
Il suo personale stile di governo e di fare politica è basato su una presenza massiccia sui media, che punta alla costruzione di un discorso egemonico. Così come i suoi continui tour per il paese e il contatto con la popolazione. Tutto questo fa parte di una strategia per guadagnare terreno e approvazione popolare. Fin dai primi giorni ha cercato di prendere le distanze dal passato dissacrando i principali simboli del potere: ha chiuso la residenza presidenziale di Los Pinos -innaugurata da Lázaro Cárdenas nel 1934 – convertendola in un complesso culturale; ha messo in vendita l’aereo presidenziale usato da Enrique Peña Nieto negli ultimi due anni del suo governo e viaggia su linee aeree commerciali.

Ha anche dichiarato di «uscire dal neoliberismo».
In linea di massima, i programmi sociali hanno cambiato nome e le risorse sono state riassegnate, ma seguendo la stessa formula assistenzialista degli ultimi 30 anni. In effetti, non è previsto che Amlo rompa l’ortodossia o che possa tornare al passato: nella società capitalista odierna, la funzione principale dello Stato è creare e gestire i mercati e correggere gli errori e gli eccessi più perversi del capitale. La cosa più prevedibile è quindi che Obrador segua lo schema di sviluppo convenzionale, favorendo il settore primario dell’economia mettendo l’accento sull’estrattivismo (idrocarburi, estrazione) che è sempre stato una fabbrica di poveri. Inoltre si è sforzato di dare garanzie allo schema della globalizzazione economica, del rispetto del grande capitale e «libero mercato». Se fosse qualcosa di più di semplice retorica, avrebbe annunciato la nazionalizzazione del settore bancario e il ritiro del Messico dal Trattato Messico-Stati uniti-Canada recentemente rinegoziato.

Ha anche creato un nuovo gruppo armato, la Guardia nazionale, che ne pensa?
Con equilibrismo narrativo ha cercato di presentare la Guardia Nazionale come altro rispetto alla militarizzazione dello spazio pubblico in Messico, logica che ha prevalso negli ultimi dodici anni. Tuttavia la costituzionalizzazione della Guardia Nazionale l’assegna al settore della difesa nazionale, il che implica la struttura gerarchica, la disciplina, la formazione e la professionalizzazione dell’organismo sulla base delle stesse regole che governano le Forze armate. La scommessa si basa sul fatto che lui, come comandante supremo, dovrà richiedere giornalmente i conti ai comandanti.

Le grandi opere non si fermano e le popolazioni rurali e indigene protestano.
Insieme all’abolizione (retorica) del neoliberismo e la sua insistenza sul fatto che è in corso un «cambiamento di regime» e non di governo, López Obrador ha trascurato la necessità – che dovrebbe venire di conseguenza – di abrogare le contro-riforme che hanno portato al consolidamento dell’Ancien régime, in particolare gli emendamenti di Carlos Salinas de Gortari dell’articolo 27 della Costituzione (1992) nel settore minerario e le forme di possesso della terra, e a contro-riforma energetica. Ha anche annunciato la prossima pubblicazione del bando per la costruzione del Tren Maya e lo Sviluppo Integrale dell’Istmo di Tehuantepec. Progetti che trasformeranno il sud-est del Messico in una zona franca con facilitazioni per le aziende che si impegneranno nei megaprogetti e nella costruzione di parchi industriali. Molte popolazioni indigene hanno dichiarato che resisteranno con tutti i mezzi a loro disposizione alle politiche di espropriazione del capitalismo predatore, che non solo minaccia i loro territori ma anche i beni comuni, la loro cosmovisione e il loro modo di vivere. Quindi non è chiaro come López Obrador gestirà gli scontri e le rotture che sono già stati osservati.