Se ne va anche l’americana Cnn, chiude gli uffici Bloomberg, sbaracca la Efe spagnola… La nuova legge sulla verità in tempo di guerra, firmata da Putin nella notte di venerdì dopo un rapido e unanime passaggio alla Duma e il senato, ha sparso cadaveri mediatici in tutte le Russie. E non poteva essere altrimenti, con una pena “fino a 15 anni di prigione” e con i nebulosi motivi per cui tale pena può essere inflitta.

Se la britannica Bbc è stato il primo big mediatico occidentale ad ammainare la sua bandiera, ieri è toccato alla regina delle reti all-news, quella Cnn che da trent’anni (dalla prima guerra del Golfo) è la vera, grande risorsa globale per le notizie d’emergenza. Era notte fonda a Mosca quando un portavoce del network di Atlanta ha comunicato che “la Cnn interromperà le trasmissioni in Russia mentre continuiamo a valutare la situazione e i nostri prossimi passi avanti”.

Il telegiornale del pianeta se ne va con un ultimo botto, riferendo che quattro bombardieri americani B-52 hanno sorvolato il confine est della Nato “partendo dall’aeroporto Fairford della Royal air force britannica (…) in un’esercitazione con l’aeronautica della Germania e della Romania” – ieri erano volati colpi intorno a una centrale nucleare, oggi ci mancavano giusto le esercitazioni di bombardieri pesanti lungo un confine in guerra…

Una manciata di minuti dopo la Cnn e un altro big americano faceva la stessa cosa: via dalla Russia anche Bloomberg, la regina indiscussa delle news economiche – da sola vale un terzo dell’intero fatturato mondiale delle notizie sui soldi – avviando così una catena di smobilitazioni che fa tornare indietro la Russia ai tempi sinistri dell’Unione sovietica – ma con efficienti istituzioni che sembrano replicare quelle del lato opposto della Storia: il Minculpop, l’Ovra…

Complici i fusi orari, sono gli americani i primi a chiudere bottega. A Cnn e Bloomberg si sono immediatamente affiancate Abc e Cbs. La Cbs è la rete che ha portato per la prima volta la guerra nel salotto di casa, era il Vietnam e si lavorava ancora con pellicole da girare, sviluppare, montare e infine trasmettere. La guerra in Ucraina è il primo conflitto documentato dai telefonini ma la Cbs se lo vedrà in salotto – quanto meno la parte di conflitto che avviene a Mosca e nei suoi sterminati dintorni.

E dopo la partenza degli americani, i media in fuga cominciano a tracimare, l’Occidente mediatico diventa una specie di profugo alla rovescia, costretto a marciare verso il paese aggredito perché scacciato da quello aggressore. Se ne vanno le reti pubbliche della Germania in pieno e clamoroso riarmo, come non era mai accaduto dai tempi della Seconda guerra mondiale: Ard e Zdf annunciano un “sospendiamo le trasmissioni” uguale a all’annuncio della radio Deutsche Welle il giorno prima. Chiudono gli uffici russi anche l’agenzia Efe e la radio- tv Rtve, la principale agenzia di stampa e il principale gruppo televisivo di Spagna (la tf è per metà di proprietà statale).

Il mercato di lingua spagnola è così importante che persino i media del Cremlino, i citatissimi Rt e Sputnik, ofrono notiziari nella lingua di Cervantes. Se ne va anche la Rai italiana, fa le valigie l’apprezzatissimo e informato Marc Innaro – della coda di fatti e polemiche si parla in un altro
articolo in questa pagina. Se ne va l’inviato del Tg5, richiama i suoi inviati anche la principale agenzia italiana, l’Ansa. Chiude anche Cbc- Radio, abbandona Mosca anche il Canada.

Non ancora del tutto bloccato, ma pesantemente strangolato l’accesso a Facebook e Twitter, altro materiale che magari non produce notizie ma le diffonde enormemente. Esistono social media alternativi made in Russia, e sono anche piuttosto popolari, ma i 70 milioni di utenti russi che Facebook dichiara ufficialmente sono un blocco poderoso.

Il tutto mentre il governo dell’Ucraina si toglie quanto meno una soddisfazione, e su Twitter celebra a modo suo l’anniversario della morte di Stalin: “Happy Stalin’s Death Day!” dice il testo, corredato dalla foto in bianco e nero di una donna che offre un piatto di bortsch – la tipica zuppa nazionale – per festeggiare il ricordo di quel 5 marzo del 1953.

Quelli che non hanno dove andare sono i media russi. Il conta-arresti del sito Ovd-Info ieri sera era salito a 8283, la coraggiosa Novaya Gazeta titola “Confusione nella testa e dolore nel cuore” con la foto di una bambina davanti a murales con un carro armato. Rispetta la nuova legge anti-giornalisti: niente parole proibite come “guerra”, niente foto di bombardamenti o vittime (è un dipinto murale), niente notizie sediziose o disfattiste (l’astuto sommario dice: “Come spiegare la realtà agli adolescenti”). E’ un samizdat 2.0 – e chi perseguiva i samizdat originali, quelle opere proibite scritte a mano e passate di nascosto – alla fine ha perso.