Google ha licenziato ventotto dipendenti che avevano manifestato per chiedere all’azienda di interrompere il contratto che fornisce al governo e all’esercito israeliano i servizi di cloud computing e intelligenza artificiale Nimbus.

Il giorno precedente nove dipendenti erano stati arrestati con l’accusa di violazione di domicilio per aver organizzato due sit-in negli uffici di New York e di Sunnyvale, in California, e per aver portato la protesta nell’ufficio del Ceo di Google Cloud, Thomas Kurian.

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Mercoledì sera in una nota Chris Rackow, vicepresidente della sicurezza globale di Google, ha dichiarato che alcuni impiegati «hanno occupato gli spazi degli uffici, hanno deturpato le nostre proprietà e hanno fisicamente impedito il lavoro di altri Googler. Le loro azioni sono inaccettabili, estremamente dirompenti e hanno fatto sentire minacciati i colleghi».

Il gruppo che ha organizzato le proteste, No Tech for Apartheid, ha risposto negando le affermazioni di Google secondo cui i manifestanti avrebbero deturpato le proprietà dell’azienda e impedito ai colleghi di lavorare e ha parlato di un sit-in «pacifico» che «ha ricevuto una risposta estremamente positiva e dimostrazioni di sostegno». Il gruppo ha proseguito affermando che i licenziamenti sono stati indiscriminati e hanno incluso persone che non avevano partecipato direttamente alle proteste.

Per gli organizzatori della protesta i lavoratori di Google hanno «il diritto di protestare pacificamente per i termini e le condizioni del nostro lavoro» e i licenziamenti sono stati «chiaramente ritorsivi». L’accordo che ha generato la protesta riguarda sia Google che Amazon ed è stato stipulato nel 2021 dalle due società tecnologiche e il governo di Israele. Ha un valore di 1,2 miliardi di dollari, ma dall’inizio della guerra di Israele nella Striscia di Gaza, a ottobre 2023, le proteste dei lavoratori sono cominciate ad aumentare.

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Le aziende sostengono che i loro servizi non riguardano attività militari sensibili o riservate, relative ad armi o servizi di intelligence, ma No Tech For Apartheid sostiene che sia Google che Amazon non abbiano nessun controllo sul modo in cui Israele utilizza la loro tecnologia. Le proteste di inizio settimana sono scattate dopo un articolo del Time secondo cui Nimbus è usato anche dal ministero della difesa israeliano.