«La nostra risposta arriverà, da sola o nel quadro di una risposta collettiva di tutti i nostri fronti». Chiude così il suo attesissimo discorso il capo supremo di Hezbollah, Hassan Nasrallah. «Hezbollah risponderà, l’Iran risponderà, lo Yemen risponderà e il nemico attenda, osservi e valuti ciascuna reazione. L’essenziale è che determinazione, decisione e capacità siano presenti».

NELLA PRIMA parte del discorso, cominciato alle cinque locali, proprio mentre l’aviazione israeliana rompeva per due volte il muro del suono su Beirut – prassi da parte di Israele per mettere pressione psicologica ai libanesi – Nasrallah si è concentrato sul ricordo di Fuad Shukr, il numero due del partito/milizia, «architetto della vittoria del 2000 e di quella del 2006», ucciso in un raid a Beirut una settimana fa, poche ore prima dell’eliminazione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Tehran. I due assassinii sono un «successo israeliano che non cambia però la natura della battaglia».

Nasrallah torna anche su Majdal Shams, casus belli per l’uccisione di Shukr, ritenuto responsabile di aver dato l’ordine. Israele ha accusato Hezbollah (che ha sempre negato) di aver lanciato il missile che ha ucciso 12 tra bambini e ragazzi sul Golan occupato, ma mai riconosciuto territorio israeliano dalle Nazioni unite.

L’occasione è il ferimento ieri nella città israeliana di Nahariya, nord di Acre, di due persone, di cui una è grave. L’esercito israeliano ha ammesso che «un missile intercettatore ha mancato un target prima di cadere». Iron Dome aveva risposto a un attacco rivendicato da Hezbollah, mancandolo, sempre nella parte nord di Acre. Il ferimento era stato attribuito all’inizio a Hezbollah. «Hanno ammesso quello che è successo a Nahariya, ma non dicono la verità su Majdal Shams», ha commentato Nasrallah.

«STIAMO AGENDO con coraggio e cautela. (…) L’obiettivo di Hezbollah non è l’eliminazione di Israele, ma è prevenire l’eliminazione della resistenza palestinese e il fallimento della causa palestinese. (…) Chiediamo alla resistenza a Gaza e in Cisgiordania di dar prova di pazienza e fermezza. Chiediamo ai fronti del sud del Libano, dell’Iraq, dello Yemen di continuare a sostenere Gaza malgrado i sacrifici. Chiediamo ai paesi arabi di svegliarsi davanti al pericolo che minaccia la regione».

Rivolgendosi poi ai libanesi, o almeno a quella parte che specie negli ultimi anni ha fortemente avversato Hezbollah, come la destra conservatrice cristiana delle Forze libanesi, ha detto: «Hanno paura delle conseguenze di una vittoria di Hezbollah in questa battaglia. Dico loro che dovrebbero temere la vittoria del nemico (di Israele, ndr)».

Una giornata quella di ieri di attacchi violenti da una parte e dall’altra. In mattinata quattro miliziani del Partito di Dio sono stati uccisi. Hezbollah ha rivendicato un attacco con un drone alle Brigate Golani nel quartier generale di Egoz Unit 612 nella caserma di Shraga, a nord di Acre. Nel pomeriggio diversi villaggi della provincia di Bint Jbeil e di Tiro sono stati bombardati dall’aviazione israeliana.

In serata è stata colpita la cittadina di Kfar Kila, Marjayoune, il cui municipio era già stato abbattuto. Dieci razzi dal Libano in direzione della Galilea sono stati intercettati e si registrano incendi presso Kiryat Shmona. L’incertezza e l’instabilità stanno svuotando Beirut. Le ambasciate invitano i propri concittadini in via precauzionale a lasciare il paese.

Pochi i voli in entrata e poche le compagnie che fermano al Rafiq Hariri di Beirut, unica alternativa per chi voglia lasciare il paese, vista l’impossibilità di ingresso e di uscita via terra (a nord ed est c’è la Siria, ancora in guerra civile, a sud c’è Israele) e via mare (non ci sono più rotte commerciali da prima dell’esplosione al porto di Beirut del 2020).

LA PREOCCUPAZIONE di rimanere bloccati dentro (o fuori) è molto alta. I prezzi dei biglietti sono schizzati e sono proibitivi. Air France e Transavia, accodandosi ad altre, hanno esteso la sospensione dei voli fino al 13 agosto. La paura è soprattutto quella di un attacco israeliano all’aeroporto, che taglierebbe il Libano fuori dal mondo.

In serata Benny Gantz, ex membro del gabinetto di guerra israeliano, ha rilasciato un comunicato nel quale sottolinea il «bisogno di aumentare la pressione militare, in particolare distruggendo le infrastrutture del Libano. Sosterremo in pieno il governo se deciderà di prendere misure contro Hezbollah».

Continua il lavoro diplomatico e si moltiplicano gli appelli internazionali a un abbassamento della tensione. Si attende di capire l’impatto che avranno le risposte dell’«asse della resistenza» su Israele e come questi reagirà a sua volta.