Non accenna ad esaurirsi la spirale di violenze sta colpendo gli stati settentrionali della Nigeria. È di 14 morti (8 poliziotti e 6 militari) e circa 50 feriti il bilancio di un attacco avvenuto questo mercoledì nel nord-est della Nigeria, a Damboa, vicino al confine con la foresta di Sambisa, rifugio del gruppo jihadista Boko Haram. Secondo quanto riporta la stampa locale «l’esercito ha respinto l’attacco dopo due ore di combattimento durante le quali i miliziani hanno utilizzato armi pesanti e missili».

Morti che si aggiungono alle oltre 55 vittime di altri due attacchi, avvenuti tra domenica e martedì, in una serie di attentati simultanei contro i villaggi dello stato settentrionale di Kaduna. «Un gruppo di cento uomini armati, sospettati di appartenere a formazioni jihadiste e a bande specializzate nel furto di bestiame e nei rapimenti, ha attaccato i villaggi di Kerawa, Zareyawa e Marina nel distretto di Igabi, sparando sui residenti, saccheggiando e bruciando case» ha dichiarato il portavoce della polizia di stato Mohammed Jalige all’Afp.

«Finora sono stati trovati 50 corpi, ma la cifra non è definitiva e probabilmente aumenterà poiché le operazioni di recupero sono ancora in corso» ha affermato il governatore regionale, Nasiru El-rufai, durante una visita sui luoghi presi d’assalto. «I banditi hanno attaccato i villaggi mentre i fedeli lasciavano le moschee dopo la preghiera, sparando e colpendo a caso» ha aggiunto.

Violenze e attacchi che, secondo il quotidiano The Punch, sono una risposta alle operazioni militari in corso contro i nascondigli di banditi e gruppi jihadisti nella vicina foresta, una ritorsione contro gli abitanti dei villaggi colpiti «perché colpevoli di aver fornito informazioni sui loro nascondigli ai soldati».

Già lo scorso febbraio 21 persone, tra cui 16 membri della stessa famiglia, erano state uccise in un attacco simile contro il villaggio di Bakali nel vicino distretto di Giwa, dopo che le autorità nigeriane avevano affermato di aver ucciso «250 persone tra banditi e miliziani jihadisti del gruppo terroristico di Ansaru, affiliato a Boko Haram» in un’operazione di polizia nelle foreste dello stato di Kaduna.

Non sono mancate le polemiche delle opposizioni nei confronti del presidente Muhammadu Buhari che ha rilasciato una dichiarazione sugli attacchi, esprimendo dolore per le uccisioni e preoccupazione sullo stato della sicurezza nel Paese.

Il senatore dello stato di Kaduna, Shehu Sani (attivista per i diritti umani e presidente del Congresso dei diritti civili della Nigeria) ha denunciato «il silenzio e l’inerzia delle autorità di fronte all’insicurezza che sta devastando il nord, la parte più povera del Paese», sottolineando il sentimento di abbandono delle popolazioni. «Omicidi e rapimenti sono diventati comuni negli stati di Kaduna, Katsina, Zamfara, e Borno – ha aggiunto Sani – i governatori del Nord continuano a nascondere la testa nella sabbia, temendo di opporsi al governo federale e di adottare misure indipendenti per proteggere il loro popolo».

«Il paese deve trovare al più presto una soluzione riguardo al problema della sicurezza – ha dichiarato Atiku Abubakar, principale oppositore e leader del Partito democratico del popolo (Pdp) -, è assolutamente necessario lottare per contenere le insurrezioni islamiste nel nord-est, i conflitti etnici tra pastori nomadi fulani (musulmani) e contadini (cristiani) e i gruppi militanti nel delta del Niger a sud-est».

Una guerra «quotidiana» che, secondo un recente report di International Crisis Group, ha causato oltre 35mila vittime in dieci anni, spinto più di 2 milioni e mezzo di profughi ad abbandonare le proprie case con oltre 700 attacchi contro civili nel solo 2019.