Bernardo Arevalo diventerà oggi il nuovo presidente del Guatemala. Forse si dovrebbe ancora usare ancora il condizionale, perchè quanto successo da fine agosto ad oggi nel paese non lascia spazio a certezze, fino all’ultimo secondo. Il tentativo della Procura generale della Repubblica di evitare che Arevalo diventasse presidente è stato tanto palese che anche l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno mostrato inquetitudine e disappunto per quanto messo in campo. Soprattutto però è stato il mondo indigeno e ancestrale del paese che si è mobilitato. Con uno sciopero nazionale continuativo iniziato il 2 ottobre. 

Ne abbiamo parlato con Abigail Monroy, donna della Comunità de Chuarrancho e una delle Autorità Ancestrali che ha guidato la protesta. 

Abigal, come siamo arrivati a questa giornata storica?

Abbiamo visto il modo in cui lo Stato ha agito dopo che Bernardo Arévalo e Karen Herrera hanno vinto le elezioni. Ma il popolo guatemalteco ha deciso che Bernardo e Karen devono occupare la presidenza. I popoli originari hanno visto che con loro è possibile avviare un cambiamento fatto di uguaglianza. Se il 14 gennaio (oggi, ndr) non potranno entrare in carica sarà un colpo di Stato.

Che speranze avete nella presidenza di Arevalo?

Come Autorità Ancestrali del Guatemala vediamo nel programma del nuovo governo che i popoli nativi sono trattati da pari, cioè come dovrebbe essere. Abbiamo preso l’impegno di difendere i nostri diritti e di ricordare al nuovo governo che il popolo ha dimostrato la capacità di difendere il Paese.

Di cosa ha bisogno il mondo indigeno del Guatemala?

La criminalizzazione in vari territori del Paese è aumentata. Come comunità proporremo, al governo Arevalo, un processo capace di costruire un meccanismo di sicurezza. L’abbiamo detto a partire dal 2 ottobre, dal giorno in cui abbiamo lanciato lo sciopero nazionale indefinito, l’assemblea dei territori resterà attiva per difendere il futuro dei Maya del Guatemala. Come Autorità Ancestrali ci siamo presi la responsabilità di difendere la vita degli abitanti del paese e in specifico delle donne e dei giovani. Proprio per questo il nuovo governo dovrà avvicinarsi alle nostre comunità per conoscere la realtà della gente. Noi popoli nativi siamo alla ricerca di una vita dignitosa e lo Stato guatemalteco deve impegnarsi a garantire il bene comune. Come indicato da vari statuti internazionali, così come nella più importante legge del Paese, la costruzione della Repubblica del Guatemala richiedeberebbe che lo Stato si organizzi per proteggere la vita dei suoi abitanti.

Esiste una relazione tra il mondo indigeno e quello urbano?

I nostri antenati hanno creato forme autonome di governo basato sul diritto consuetudinario, il popolo Maya in Guatemala ha conservato e costruito il proprio modo di vivere che si basa sulla difesa e valorizzazione della Madre Terra. Dal 2 di ottobre i popoli indigeni si sono sollevati per difendere la democrazia del paese. Questo segna per noi un processo storico: abbiamo risposto al sistema razzista dominante nel paese dicendo che il Guatemala è nostro. Vogliamo difedere questo aspetto e ribadire che c’è una grande differenza nelle forme di governo dei nostri territori e quello agito dallo Stato. La discriminazione che viviamo come popoli Maya è molto pesante e impatta sulle nostre vite. Questa lotta che abbiamo iniziato è fondamentale per le future generazioni affinchè possano vivere una vita degna, senza le discriminazioni che tutt’ora stiamo vivendo.