Per la famiglia Bolsonaro i guai sembrano non finire mai. Anzi, non fanno che aggravarsi di giorno in giorno. Già con le spalle al muro a causa dei 48 depositi irregolari scoperti sul suo conto, Flávio Bolsonaro, il figlio maggiore del presidente, deve ora rispondere di uno scandalo ben più grave: quello dei suoi legami con la milizia sospettata dell’assassinio di Marielle Franco.

Come rivelato dalla Rede Globo, il primogenito della famiglia presidenziale, recentemente eletto senatore, aveva assunto nel suo gabinetto di deputato statale all’Assemblea legislativa di Rio de Janeiro nientedimeno che la madre e la moglie dell’ex capitano Adriano Magalhães da Nóbrega, indicato come comandante della milizia «Escritório do Crime», una delle più violente e antiche della città, e, stando alle indagini, il probabile autore degli spari che hanno ucciso la consigliera comunale e il suo autista Anderson Gomes.

RAGGIUNTO MARTEDÌ da un mandato di cattura – nell’ambito dell’Operazione «Gli intoccabili» conclusasi con l’arresto di cinque persone sospettate di coinvolgimento nell’assassinio di Marielle Franco – Adriano Magalhães, al momento latitante, è amico personale di Fabrício Queiroz, l’ex consigliere di Flávio Bolsonaro, nonché amico di tutta la famiglia presidenziale, sul cui conto sono state scoperte transazioni sospette per un totale di 7 milioni di reais in tre anni, del tutto incompatibili con le sue modeste entrate (tra cui anche un versamento di 24mila reais a favore della moglie del presidente).

SAREBBE STATO QUEIROZ a indicare al figlio del presidente la madre e la moglie dell’amico, assumendoli con stipendi quasi sette volte superiori al salario minimo. Su di lui, in ogni caso, Flávio Bolsonaro ha scaricato ogni responsabilità: «Non posso essere accusato di atti che non conosco», ha detto in una nota.

Sta di fatto che ad Adriano Magalhães da Nóbrega, ex membro del Bope (il battaglione di operazioni speciali della polizia militare di Rio), il primogenito dei Bolsonaro aveva addirittura concesso la Medaglia Tiradentes, il massimo riconoscimento dell’Assemblea legislativa di Rio, votando invece contro il conferimento della stessa onorificenza a Marielle Franco.

E non era stato da meno suo padre, unico candidato alla presidenza a tacere di fronte all’omicidio della consigliera comunale del Psol. E anche l’unico a difendere le famigerate milizie operanti a Rio: «Dove c’è la milizia – aveva detto in campagna elettorale – non c’è violenza».

In realtà, già prima delle elezioni di ottobre circolavano commenti sulle relazioni pericolose del clan Bolsonaro con la criminalità organizzata di Rio. Ma, allora, la stampa era troppo impegnata a scongiurare con ogni mezzo la vittoria del candidato del Pt. Una volta passato il pericolo, però, la scelta di campo di Bolsonaro a favore della Rete Record (quella legata alla Chiesa Universale del Regno di Dio) – a scapito della potente Rede Globo – e i suoi ripetuti e generalizzati attacchi alla stampa anche mainstream hanno cambiato le priorità, inducendo l’impero della famiglia Marinho, ma anche giornali come la Folha de São Paulo, a dare ampio risalto agli scandali della famiglia.

E ORA TUTTI GLI OCCHI sono rivolti a Sérgio Moro, attuale ministro della Giustizia e della Sicurezza pubblica: se il suo silenzio sullo scandalo di corruzione che ha travolto il clan Bolsonaro è diventato assordante, ora il rischio è che finisca per scivolare anche sul versante della criminalità organizzata. «Dentro ogni falso giustiziere abita il complice di un criminale», ha commentato non a caso il sociologo Luis Felipe Miguel.