L’autore israeliano Navad Lapid ha portato al concorso con Synonymes, un romanzo d’avventura a sfondo politico. Il suo eroe, Yoav (un ottimo Tom Mercier), è un giovane israeliano che fugge dal proprio paese, arriva una notte a Parigi, entra in un appartamento vuoto, fa una doccia e scopre che nel frattempo i suoi vestiti sono spariti. Proprio come accade agli eroi dei romanzi del settecento inglese, che partono per il mondo con tre soldi e una bisaccia e nella prima foresta vengono ripuliti di tutto, e che nonostante questo vanno avanti.

SOLITAMENTE, la cattiva sorte mette sulla loro strada un benefattore. Nel caos di Yoav è una coppia di giovani, Caroline e Emile, che a molti ricorderanno i sognatori sfaccendati di The Dreamers e che lo salvano dal freddo, offrendogli di che vestirsi e del denaro. Ma, è noto, ogni dono non è altro che uno scambio nascosto. È il nostro israeliano a dare di più: raccontando le proprie esperienze, Yoav riempie di vita vissuta l’immaginario dei suoi simpatici ma vacui amici borghesi.

STABILITOSI in una soffitta haussmaniana (con tanto di buco nel muro), Yoav s’alimenta a pasta e conserva, si trova un lavoro, ma non si installa mai definitivamente. Questi dettagli di vita vissuta fanno da racconto quadro a tanti piccoli racconti incastrati uno dentro l’altro. La storia di Yoav somiglia a quella di Limonov di Diario di un fallito, vivere e stabilirsi non gli basta. È un idealista, è arrabbiato, è fuggito da un Stato che definisce: «cattivo, osceno, ignorante, idiota, sordido, fetido, abominabile, disgraziato, ripugnante, detestabile, senza cervello e senza cuore…» Nessun paese è tutto questo, gli risponde l’amico Emile. Yoav è fermamente convinto di sì, ma che la Francia sia diversa. Lo è?

I PRIMI due film di Lapid erano ambientati in Israele. Synonymes è invece pienamente francese. Ed è al tempo stesso un grido d’amore, forse romantico, per un luogo immaginario in cui Lapid fa convergere i propri ricordi di ragazzo, quando dopo il militare si è stabilito per otto mesi nella capitale, e di cinefilo. Il primo gesto di Yoav è infatti quello di rubare carte postali come i Carabiniers di Godard. Icone di un paese che sta scivolando tranquillamente ma con grande determinazione nel contrario esatto dell’immagine che possiede di sé. È proprio questo smottamento etico e politico che il film registra con precisione. Ma come si ribalta un concetto al suo contrario? Come può sucedere che il paese dei diritti dell’uomo diventi un paese autoritario? Quando si cerca una parola in un dizionario, è cosa nota, la definizione non può essere data che con altre parole. Ogni dizionario è un sistema chiuso, fondato su qualcosa d’esterno ad esso. Che cosa vuol dire repubblica, stato, laicità, polizia, bellezza? Di che cosa è sinonimo la parola ebreo ? Sono le storie e le esperienze che lo dicono. Ecco che Yoav vive e racconta una storia dopo l’altra. Storie vere, altre mitiche, altre inventate. Come quella di Ettore, che i genitori gli raccontavano, senza finirla. Yoav la preferisce ai miti biblici: per lui è sinonimo d’eroismo. « Ettore fugge Anchille, era un codardo», gli fa notare un amico ultra-sionista.

E YOAV, anche lui fuggito, che cos’è? Un codardo o un eroe? Di certo una persona che non si riconosce più nella narrativa nazionalista. Suo nonno era fuggito dall’Ungheria e dai pogrom. Era andato nella terra di Israele. Aveva dimenticato lo Hyddish e aveva contribuito a combattere gli Inglesi per fondare lo stato ebraico. «E tu scappi da quello Stato ? Cosa penserebbe tuo nonno ?» Gli ritorce Emile «Se fosse vivo, farebbe come me», afferma sicuro Yoav. Come a dire che a volte fare la stessa cosa vuol dire prendere la direzione opposta. Il sinonimo è il proprio contrario. Tra i vari sinonimi che Lapid ripete ossessivamente c’è di certo quello di maschio, e tutto il film è come intriso di testosterone, di energia, di forza, di violenza, di muscoli e di potenza e di altri sinonimi dello stesso concetto. Un tenero omaggio alla mamma (la montatrice Eva Lapid) chiude il film: sinonimo o contrario?