“L’attuale proprietà dopo dieci mesi di irresponsabili telenovele ha perso il diritto unico di proposta. Continui pure ad approfondire e dettagliare il suo piano industriale. Ma questo piano non è più l’unica proposta in campo. Anzi, chiediamo con forza che cessi immediatamente di fare da tappo a tutte le proposte alternative”. Il Collettivo di Fabbrica della ex Gkn di Campi Bisenzio non resta zitto di fronte alla realtà di uno stabilimento ancora fermo dopo la firma dell’accordo quadro – del 19 gennaio scorso – che doveva portare a una riconversione industriale, ma che ad oggi si è limitato ad una bozza di piano industriale considerata fumosa anche dalle istituzioni, dalla Regione Toscana come dallo stesso ministero allo Sviluppo economico.
L’accordo sanciva fra l’altro la continuità occupazionale e di diritti non soltanto di tutti gli addetti diretti rimasti in Qf (nuovo nome dell’azienda oggi dell’imprenditore ed ex advisor Fracesco Borgomeo ) ma anche dei lavoratori in appalto; la salvaguardia del patrimonio industriale; gli ammortizzatori sociali sia in questa fase che a valle dell’auspicata reindustrializzazione; e ancora la sicurezza in fabbrica, il mantenimento dello stabilimento, il piano di formazione e una logistica inalterata.
Invece tutto quello che è successo si è limitato a un rimpallo di responsabilità fra ministeri e proprietà sul tema della cassa integrazione, e alla richiesta di aiuti pubblici, attraverso Invitalia, per un teorico piano industriale definito “E-Drive Gen. 5.0”, orientato a produzioni nel settore della mobilità elettrica, della propulsione elettrica e delle energie rinnovabili, ma senza chiarezza sui partner industriali che dovrebbero entrare nell’azionariato.
Per questo, valutando che Qf sia di fatto una ‘società fabbrica’ funzionante come un contoterzista di assemblaggio e produzione rispetto a soggetti terzi, senza avere realmente possesso del know how e una finanziabilità chiara, i combattivi operai dello stabilimento campigiano in questo fine settimana hanno ribadito il concetto: “Senza fondi pubblici, Qf non sta in piedi. Senza un contributo di 3 a 1 da parte del pubblico non c’è piano industriale. Ma a sua volta Qf è oggi una contoterzista senza ricerca e brevetti. Quindi a questo punto la collettività deve pretendere che, insieme all’intervento con soldi pubblici, ci sia un controllo e un piano pubblico. E se avessero ascoltato il ‘nostro’ piano di reindustrializzazione, ora avremmo una fabbrica socialmente integrata al servizio del territorio”.
Di quel piano, messo in cantiere insieme ai docenti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Artes 4.0, per una reindustrializzazione tesa a un polo di mobilità sostenibile che si basi su ricerca e brevettazione pubblica di auto ad emissioni zero, si è discusso appunto nel fine settimana, aperto dai mercati contadini di Genuino Clandestino e di Mondeggi, e chiuso da un’assemblea che ha visto fra gli altri gli interventi della Rete italiana di economia solidale, dalla Rete delle fabbriche recuperate e del Movimento aziende recuperate argentine.
Con un documento finale è nata così l’associazione “Società operaia di mutuo soccorso Insorgiamo”, un soggetto giuridico “come strumento di mutualismo, autorecupero, implementazione del piano industriale alternativo, sviluppo di un Cral, collegamento con il territorio e riferimento di azionariato popolare”. Il tutto in una campagna “per reclamare fondi pubblici in vista di una ‘fabbrica pubblica’, di pubblica utilità e con un controllo esercitato da una struttura societaria pubblica”.
I prossimi passi vedranno la costituzione di gruppi di lavoro su comunicazione, reindustrializzazione e soggetto giuridico, presenza sul territorio e riorganizzazione del presidio. Infine il Collettivo di Fabbrica invita tutti a partecipare a due manifestazioni per il diritto al lavoro, a Bologna il 22 ottobre e a Napoli il 5 novembre. Facendo capire che, forte di un legame consolidato sul territorio, non teme una vertenza di lunga durata. Perché sta già lottando dal 9 luglio dello scorso anno, giorno in cui la fabbrica fu chiusa a tradimento dal fondo finanziario Melrose che ha delocalizzato la produzione di semiassi per auto.