La Portovesme srl del gruppo Glencore (multinazionale anglo-svizzera dell’alluminio e dello zinco) ha attivato la procedura per ottenere la cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale per 594 dipendenti dello stabilimento del Sulcis, nella Sardegna sud-occidentale. «Le difficoltà – ha spiegato nelle scorse settimane al Sole 24 Ore Davide Garofalo, amministratore delegato di Portovesme srl – sono una conseguenza della straordinaria impennata del prezzo dell’energia, che nelle ultime settimane ha raggiunto e superato i 300 euro per magawattora, contro la media di 60-70 euro dello scorso anno».

Le conseguenze sono pesanti per lo stabilimento sardo, che ogni anno produce 150 mila tonnellate di alluminio e 65 mila di zinco, per un fatturato che si aggira intorno ai 500 milioni di euro. Già un mese fa l’azienda aveva deciso sia il blocco di alcune linee, quelle più energivore, sia la rimodulazione dei ritmi del reparto elettrolisi, dove la produzione viene programma giorno per giorno in base al costo dell’energia.

Ora un nuovo macigno rischia di abbattersi su un territorio dove già sono aperte le vertenze dell’Eurallumina e della Sider Alloys, altre fabbriche del polo dell’alluminio.

«È necessario un intervento delle istituzioni per incidere sui costi dell’energia, sia a livello nazionale sia a livello europeo», commenta Daniele Reginali, segretario provinciale del Partito democratico. «Occorre muoversi in maniera decisa – aggiunge – per tutelare il polo industriale di Portovesme, garantendo il lavoro e i livelli occupativi. Così com’è urgente dare seguito immediato al piano di investimenti per oltre sessanta milioni programmato dalla Glencore e mai realizzato».

Stefano Fonnesu, segretario federale del Partito comunista italiano, allarga il campo dell’analisi alla gestione delle politiche per l’energia: «In una regione come la Sardegna, dove il potenziale energetico legato alla trasformazione delle fonti rinnovabili è altissimo, a oggi ancora non c’è una chiara programmazione per la transizione energetica, con il rischio di creare danni enormi non soltanto al comparto industriale del Sulcis, ma all’intera economia dell’isola. La realizzazione delle infrastrutture per la riconversione della centrale Enel a carbone attiva nel Sulcis viene messa in discussione, nonostante il benestare delle amministrazioni comunali, del territorio e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, dal governo e dalla stessa Enel. Il tutto in un quadro politico-istituzionale in cui piuttosto che risolvere i problemi dell’isola, a cominciare da quello del lavoro, la maggioranza di centrodestra che guida la Sardegna appare interessata a distribuire privilegi (vedi la reintroduzione dei vitalizi per i consiglieri regionali) e a costruire poco trasparenti accordi in vista della gestione delle ingenti risorse provenienti dal Pnrr».