La Corte suprema degli Stati Uniti sembra essere nel mezzo di una battaglia pubblica su come debba essere applicata la pena di morte; i giudici si sono divisi riguardo l’esecuzione di un detenuto musulmano condannato in Alabama, Domineque Ray, il quale aveva affermato che i suoi diritti religiosi venivano violati in quanto non aveva potuto avere un imam che stesse con lui nella camera dell’esecuzione.

Recentemente ci sono stati altri due casi che hanno sollevato la questione dei diritti dei condannati nelle loro ultime ore: uno riguardava la richiesta di un consulente spirituale buddista nella camera dell’esecuzione, e nell’altro il detenuto sosteneva che un’iniezione letale gli avrebbe causato una «grave sofferenza» in quanto soffriva di una malattia rara.

Il dibattito tra i giudici si è esteso e gli esperti temono che l’arrivo del controverso giudice super conservatore Brett Kavanaugh, e la generale nuova tendenza del tribunale, possano accrescere le tensioni intorno ai casi di pena capitale.

«Le divisioni in tribunale potrebbero diventare sempre più profonde – ha dichiarato alla Cnn Jessica Levinson, professore alla Law School di Loyola – Nei prossimi anni la Corte rischia di spostarsi molto a destra e questi tre casi di pena di morte possono dimostrare i crescenti dolori di un’istituzione che si allontana dal centro ideologico».

Gli attriti all’interno della Corte hanno spesso riguardato i protocolli di iniezione letale e le richieste dell’ultimo momento, ora però, ha osservato Deborah Denno, professore di diritto della Fordham University, si iniziano «a vedere i conflitti tra i giudici scatenarsi su temi e in modi insoliti».

Nel caso di Ray la maggioranza conservatrice della corte aveva fornito poche motivazioni riguardo la decisione di procedere con l’esecuzione senza un inam visto che il carcere dell’Alabama consente un cappellano cristiano nella stanza, ma i funzionari hanno bloccato l’imam sostenendo che solo i dipendenti della prigione possano essere presenti, per motivi di sicurezza.

L’undicesima Corte d’Appello del Circuito degli Stati Uniti aveva concesso una sospensione dell’esecuzione, revocata però dall’Alta Corte che si è giustificata dicendo che il condannato aveva aspettato troppo a lungo prima di richiedere la presenza di un religioso.

La decisione è passata con un voto 5 a 4 ma la discussione non è terminata in quanto la minoranza democratica della Corte vede una pericolosa deriva di pressapochismo destrorso in un tema delicato come quello della pena di morte, non più così popolare negli Usa. Secondo il giudice Stephen Breyer nel caso di Ray la maggioranza ha agito con fretta inutile e colpevole: «Credo che non ci sia modo di giustiziare un prigioniero rapidamente se gli si vogliono assicurare le protezioni che la nostra Costituzione garantisce», ha scritto nella sua dichiarazione finale.