A 10 mesi dalla scomparsa di Giulio Regeni al Cairo il 25 gennaio 2016, nella notte che più rappresenta la spinta egiziana verso la democrazia, il regime di al-Sisi traballa. Le crepe si moltiplicano nell’apparentemente granitica macchina militare che lo sostiene, la responsabile politica della morte del giovane ricercatore. Le manifestazioni anti-governative compaiono a sprazzi, ancora limitate, ma per molti sono segno di una prossima esplosione. Mercoledì sono stati i giornalisti ad alzare la voce come accaduto a primavera quando il sindacato della stampa fece da calamita e diffusore delle proteste. E come accade da anni, una porta aperta alle...