Gli hanno gridato di andarsene via: «Vattene, sporco ebreo di m…», «Sporco ebreo». E ancora: «Noi siamo il popolo», «La Francia è nostra». Giunto al suo Atto XIV il movimento dei gilet gialli torna a macchiarsi di antisemitismo. Un gruppo di manifestanti si è scagliato ieri contro il filosofo e accademico francese Alain Finkielkraut, 69 anni, nel quartiere di Montparnasse. È intervenuta la polizia che ha difeso Finkielkraut dai manifestanti. L’aggressione è stata condannata da molti esponenti politici e da Emmanuel Macron: «Gli insulti antisemiti di cui è stato oggetto Finkielkraut – ha detto il presidente – sono la negazione assoluta di ciò che siamo e di ciò che fa di noi una grande nazione. Non lo tollereremo», ha detto il presidente.
Oggi il movimento dei gilet gialli celebra a Parigi i tre mesi di lotta, iniziata il 17 novembre, con una manifestazione che dovrebbe concentrarsi nella rive gauche. Ieri, per l’Atto XIV ci sono stati cortei in varie città. Qualche tensione a Parigi, in particolare sul Boulevard Saint-Michel, e poi una dispersione un po’ complicata agli Invalides per un corteo che ha riunito almeno tremila persone.

A Le Mans, un gruppo ha distrutto l’ufficio di un parlamentare di Lrem, il partito di maggioranza. A Rouen c’è stato un incidente con un’auto che ha travolto dei manifestanti.

La partecipazione agli «atti» è in calo costante, ma i più convinti non intendono cedere. Anche se l’appoggio della popolazione comincia a dare segni di stanchezza: ormai il 56% dei francesi, secondo un ultimo sondaggio, vorrebbe che le proteste cessassero (ma il consenso ai motivi della protesta resta forte). Alcune derive inquietano, in particolare degli atti antisemiti sabato 9 febbraio (la scritta «juden» su una vetrina di un negozio di bagel nel Marais, delle svastiche disegnate su dei ritratti di Simone Veil nel XIII arrondissement), come le dichiarazioni golpiste di Christophe Chalençon, il gilet incontrato dal vicepremier italiano Di Maio a Montargis.