La comunità Lgbt+ giapponese può festeggiare una storica conquista. Il tribunale distrettuale della città di Sapporo, nella giornata di ieri, ha stabilito per la prima volta che le coppie omosessuali hanno il diritto costituzionale di sposarsi. La sentenza è certamente una vittoria che non ha conseguenze normative immediate, ma potrebbe determinare sviluppi per la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

ALLA BASE DEL GIUDIZIO c’è l’articolo 14 della Costituzione, secondo cui la sessualità, così come la razza e il genere, non sono condizioni determinate da scelte individuali; secondo i giudici di Sapporo, quindi, non è possibile giustificare il divieto alle coppie Lgbt+ di ottenere gli stessi benefici concessi alle unioni eterosessuali.

Il pronunciamento sulla costituzionalità del matrimonio omosessuale è arrivato dopo che tre coppie – due maschili e una femminile – della regione di Hokkaido hanno intentato causa chiedendo un risarcimento di un milione di yen (circa 7.700 euro) ciascuna per il danno psicologico subito dal governo, che non consente il matrimonio omosessuale.

Nell’ambito di un movimento per la riconoscibilità dell’unione Lgbt in Giappone, le tre coppie avevano tentato di registrare i loro matrimoni presso le autorità locali nel gennaio 2019, non ricevendo però il responso desiderato.

Sebbene il tribunale abbia respinto le loro richieste di risarcimento danni, si è comunque espresso su un tema cardine che relega il Giappone a essere l’unico paese del G7 che non riconosce le unioni omosessuali, nonostante l’alta percentuale di consensi sull’unione: secondo un sondaggio del 2018 condotto dalla Dentsu, il 78,4 per cento approva il matrimonio omosessuale.

A livello legislativo i matrimoni si basano sul “reciproco consenso di entrambi i sessi”: un’interpretazione che riconosce il vincolo solamente tra uomo e donna. Perciò, le coppie dello stesso sesso non solo non possono sposarsi, ma nemmeno ereditano i beni del loro partner, come la casa condivisa, e non possono esercitare diritti sui figli della compagna o del compagno.

Per cercare di favorire l’inclusione delle minoranze sessuali, i singoli comuni emettono dei «certificati di unione» che consentono alle coppie di affittare più semplicemente un alloggio oppure permettere le visite in ospedale.

 

gay pride a Tokyo
Un gay pride a Tokyo, foto Ap

 

L’IMPORTANZA DEI CERTIFICATI è stata colta anche dal mondo digitale. Lo scorso febbraio, la la ong Famiee Project di Tokyo ha lanciato un’app per smartphone per emettere certificati in versione digitale, che saranno accettati da una rete di aziende. Finora, circa 40 società, tra cui Japan Airlines e Mizuho Financial Group, si sono impegnati ad accettare il documento come prova dello stato civile.

Le contaminazioni artistiche e letterarie, partendo dal Genji monogatari fino ad arrivare all’età contemporanea, passando per gli haiku del poeta Matsuo Basho, hanno permesso di coltivare una accettazione a livello sociale dell’omosessualità. Durante una breve finestra di tempo nell’’800, le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso sono state criminalizzate per poi essere legalizzate nel 1880.

MA C’È ANCORA MOLTO lavoro da fare. Secondo un recente sondaggio condotto dal professore Yasuharu Hidaka e commissionato da Lifenet Insurance, il 38 per cento su 10 mila intervistati ha dichiarato di essere stato molestato o aggredito; il ricercatore, però, sostiene che molti casi non vengono denunciati perché c’è una mancanza di supporto e consepevolezza da parte della polizia verso le tematiche Lgbt.

Per questo i gay center giapponesi si stanno muovendo per ottenere maggiori tutele legali contro le discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Lo scorso 25 gennaio, 116 organizzazioni per i diritti umani e Lgbt hanno inviato una lettera al governo di Tokyo, guidato dal premier Yoshihide Suga, per chiedere l’introduzione di una legge contro l’omotransfobia prima dell’inizio delle Olimpiadi che si terranno nella capitale giapponese dal prossimo 23 luglio. La misura, promossa attraverso una campagna via social network con l’hashtag #EqualityActJapan, vuole tutelare anche gli atleti che disputeranno i giochi olimpici.

ANCHE A LIVELLO LOCALE si è già mosso qualcosa. Il governo metropolitano di Tokyo ha introdotto nel 2019 una legge contro le discriminazioni omosessuali, mentre il governo centrale ha riservato un’attenzione particolare all’educazione scolastica al fine di soffocare tutti i germi del bullismo.

I giapponesi omo e transessuali continuano a subire un’intensa pressione sociale e a temere di dichiararsi in famiglia e nei luoghi di lavoro a causa anche del labile sostegno dei diversi partiti politici. Ma la sentenza di ieri può segnare l’inizio di un cambiamento epocale. Come lo stesso che si registrò nel 1880.