Il primo di 100 cassoni, un gigante in calcestruzzo alto 22 metri, è in viaggio in mare tra Vado Ligure e il porto di Genova. Sarà collocato più o meno davanti alla Lanterna, in profondità, il 24 maggio, un anno dopo l’avvio dei lavori per la nuova diga foranea. Fino a qualche giorno fa sarebbe stata scontata una cerimonia in pompa magna ma, con l’aria che tira a causa della maxi inchiesta per corruzione, qualsiasi evento glamour sembra sconveniente.

«Stiamo valutando», ha detto ieri il viceministro leghista ai Trasporti, Edoardo Rixi. E non sarà l’unica cosa da valutare. Il Mit, infatti, invierà una commissione ispettiva a palazzo San Giorgio, ente decapitato visto che tra gli indagati dalla procura c’è anche Paolo Piacenza, nominato commissario l’anno scorso dopo il passaggio a Iren di Paolo Emilio Signorini (anch’egli indagato e in carcere). «Se ci sono atti illegittimi in Autorità portuale, il rischio vero è che questo comprometta alcune cantierizzazioni – ha spiegato Rixi -, crediamo alla buona fede di tutti ma è necessario un indirizzo chiaro e chiediamo che l’Autorità portuale abbia la consapevolezza di quello che sta succedendo».

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Per capire quanto l’ente sia nella palude basti pensare che al momento, con il presidente della Regione sospeso, non sarebbe neppure possibile nominare nuovi vertici. «Nessuno firma niente in questa fase», dice un funzionario dell’Authority. Riempimenti, concessioni, stanziamenti, delibere, tutto è paralizzato. E poi la diga, un affare da 1,3 miliardi, la madre di tutte le grandi opere per lo scalo, su cui esiste un fascicolo top secret presso la procura europea, e su cui le indagini dei pm genovesi hanno gettato ulteriori ombre.

Due i nervi scoperti: da una parte l’affidamento al consorzio guidato da Webuild-Salini al termine di una procedura fatta di aggiustamenti, gare deserte e ricorsi (in un dialogo intercettato tra Toti e l’imprenditore Spinelli, prima dell’assegnazione, il governatore dice «la diga sappiamo già chi la farà…»), dall’altra il fatto che il governo, attraverso la spinta del dicastero in capo al Carroccio, abbia spianato la strada alla cosiddetta «variante Spinelli».

È stata un’idea del terminalista quella di accorpare le due fasi di costruzione, accorciando l’infrastruttura ma creando un varco in più per le grandi navi di ultima generazione. Idea presentata alla luce del sole, considerata sensata da gran parte degli addetti ai lavori, e sulla quale non esistono specifiche indagini ma la messa a terra di quel progetto è ora una delle principali preoccupazioni di Edoardo Rixi. Il pool di ispettori del Mit potrebbe aiutare a uscire dall’impasse. «Bisognerà capire cosa vuole fare l’attuale commissario, anche per motivi processuali – osserva il viceministro – la nostra paura è che la situazione di tensione che si crea anche solo a leggere le intercettazioni provochi rigidità”.

Il problema non è solo amministrativo ma anche di credibilità politica. Rixi è stato il principale sostenitore del sindaco di Genova, Marco Bucci (non indagato), già ai tempi del suo primo mandato e con Toti in regione i tre si sono sempre mossi a un unico passo. Sullo sfondo le frasi intercettate a Spineli che, parlando della Lega all’ex presidente del porto Signorini e auspicando uno sblocco della partita sulle concessioni del Terminal Rinfuse, dice: «Ho fatto un bonifico anche a loro… e adesso gliene facciamo un altro». D’altronde, «Sciu’ Aldo» pagava per tutti.

Il 24 maggio, diga o non diga, a Genova è atteso Matteo Salvini. Intanto il nuovo interrogatorio davanti ai pm di Toti potrebbe slittare a oltre il 27 maggio. Il capo della procura Nicola Piacente ha fatto capire che gli inquirenti potrebbero avere bisogno di più tempo per analizzare materiale e documenti: oggi dovrebbe avvenire la copia forense del contenuto degli smartphone e pc del governatore. Quindi gli investigatori potranno scandagliare il materiale informatico. Anche Bucci con una lettera alla procura si è detto «a disposizione dei magistrati».