In Namibia i tedeschi commisero un vero e proprio genocidio. A 113 anni di distanza, dopo un lustro di negoziati bilaterali, la Germania ammette ufficialmente la sua responsabilità per lo sterminio dei popoli Herero e Nama durante la colonizzazione della Deutsch-Südwestafrika tra il 1904 e il 1908. Un mea culpa atteso e doveroso quanto tardivo e più che parziale, che Berlino vorrebbe cancellare dalla coscienza nazionale versando 1,1 miliardi di euro «per lo sviluppo» del Paese africano nei prossimi 30 anni.

«Qualificheremo questi eventi per quello che sono dalla prospettiva odierna: un genocidio. E alla luce della nostra responsabilità storica e morale chiederemo perdono alla Namibia e agli eredi delle vittime per le atrocità commesse, come gesto di riconoscimento delle immense sofferenze inflitte» si legge nel comunicato firmato ieri dal ministro degli Esteri, Heiko Maas.

SIGNIFICA CHE la Bundesrepublik si fa carico della pulizia etnica dei soldati dell’impero di Guglielmo II, ma anche e soprattutto che il governo Merkel non ha alcuna intenzione di aprire la costosissima pagina dei risarcimenti legali alle vittime: il ministro Maas ha chiaramente specificato che non verrà versato un singolo cent ai discendenti dei 65.000 pastori delle due etnie sterminati nei campi di concentramento tedeschi.

Così mentre il portavoce del governo namibiano, Hage Geingob Alfredo Hengari, apprezza il riconoscimento del genocidio come «primo passo nella giusta direzione», l’opposizione denuncia il «risultato vergognoso», ovvero la mossa politica per lavare la macchia coloniale che rimane indelebile. «Questo accordo è un autentico insulto. Nessuno dei pilastri dei negoziati è stato soddisfatto o anche solo affrontato. Dove sono i risarcimenti alle vittime?» domanda Inna Hengari, deputata del Movimento popolare democratico (Pdm), pretendendo «un’ampia consultazione sull’offerta tedesca, dato che la discussione non ha riguardato i progetti e la Germania non ha negoziato in buona fede».

COLLIMA CON IL PUNTO del Movimento popolare dei senza-terra (Lpm) rappresentato da Joyce Muzengua, convinto che «l’accordo con la Germania non ha nulla a che fare con gli Herero e i Nama ma è solo un patto stipulato tra i due governi». In altre parole «se la Namibia riceverà denaro dalla Germania, dovrebbe andare alle autorità tradizionali delle comunità colpite e non certo al governo. In questo modo invece i nostri ministri ne gestiranno la distribuzione» riassume Muzengua sulle colonne del quotidiano The Namibian.

È il «genocidio low cost» già raccontato dal manifesto nel 2017, quando la Germania sosteneva di avere ripagato lo sterminio con i massicci investimenti nei programmi di cooperazione a partire dal 1990. Anche allora le associazioni dei discendenti delle vittime denunciarono lo scandaloso tentativo di appeasement depositando al tribunale di New York la richiesta di risarcimento collettivo e chiedendo la partecipazione diretta dei rappresentanti delle comunità Herero e Nama ai negoziati.

QUATTRO ANNI DOPO arrivano le “belle parole” del ministro Maas che non cambiano di una virgola la sostanza del primo genocidio del Novecento né l’immagine della Germania in Namibia. Tantomeno chiudono la questione, come vorrebbe il governo Merkel, prima delle elezioni federali di settembre. «Avete un esecutivo che si rifiuta di accettare il genocidio e pagare i risarcimenti. Volete scappare dalla vostra responsabilità storica nascondendovi dietro gli aiuti allo sviluppo. Per voi siamo esseri inferiori» è il messaggio ai tedeschi di Joseph Kauandenge, segretario della National Unity Democratic Organisation of Namibia.