«È stato il soccorso più difficile a cui ho preso parte», dice Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni di salvataggio in mare della Geo Barents. Non è un novellino delle operazioni nel Mediterraneo centrale, ma un soccorritore esperto con sette anni e mezzo di attività tra le principali Ong. L’intervento si è svolto nelle acque internazionali della zona Sar (search and rescue) di responsabilità maltese ed è durato ben 11 ore, senza soste. È terminato intorno alla mezzanotte tra martedì e mercoledì. L’equipaggio di Medici senza frontiere ha messo al sicuro 440 persone. Lunedì pomeriggio avevano lanciato il primo Sos attraverso il centralino Alarm Phone.

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Perché il soccorso più difficile?

Ci sono diversi elementi che hanno reso l’intervento estremamente complesso. Le condizioni meteomarine erano proibitive. Abbiamo visto raffiche di vento fino a 40 nodi. Quando siamo arrivati sulla scena le onde erano molto alte. Anche solo calare in acqua i rhib, i gommoni di salvataggio, non era semplice. Dopo il mare si è calmato un po’, ma è rimasto comunque mosso. Il numero di persone, poi, era particolarmente alto. Ed erano in mare da diversi giorni, pare quattro. Dunque erano spossate, oltre che spaventate dal maltempo. Il peschereccio era alla deriva, non seguiva più una rotta fissa, e oscillava per le onde. Un barcone di questo tipo è difficile da avvicinare con i gommoni di salvataggio, soprattutto in quelle condizioni. Aveva spuntoni taglienti. Infatti uno dei nostri rhib si è bucato e abbiamo dovuto concludere l’operazione con un solo mezzo. Posso dire che per tutti questi dettagli è stato il soccorso più difficile in sette anni e mezzo di esperienza.

Una risposta con i fatti a chi vi accusa di non essere abbastanza preparati?

Le Ong hanno un livello elevatissimo di preparazione. Lo hanno dimostrato per la gran quantità di soccorsi realizzati e il ridotto numero di morti durante le operazioni. Anche perché all’inizio collaboravamo con la guardia costiera italiana. Ci coordinava e dirigeva. Con scadenza regolare tenevamo dei briefing per capire come migliorare. Non siamo in mare a prendere il sole, ma a salvare vite. Abbiamo personale qualificato, navi adatte e adattate. A volte ci dipingono come un gruppo di scapestrati che sta qui per una lotta politica, ma non è la verità. La verità è che quello che facciamo ha un significato politico perché le istituzioni mostrano disprezzo verso le vite dei migranti.

Il salvataggio del barcone con 500 migranti nelle acque maltesi da parte dealla Geo Barents, foto di Msf

Le persone che avete salvato come stanno?

Una è stata evacuata per ragioni mediche poche ore dopo il soccorso. Era in pericolo di vita. Le altre stanno recuperando: erano rimaste senza acqua e sono disidratate. Oltre che stanche e affamate. Il nostro team sanitario è al lavoro per sostenerle.

Adesso dove state andando?

Verso le coste siciliane perché 100 persone saranno trasferite a terra da una motovedetta della guardia costiera. È la prima volta che accade un fatto simile, che i naufraghi siano divisi prima di attraccare. Dopo andremo a Brindisi, che ci è stato indicato come porto di sbarco. Dovremmo arrivarci venerdì.

La Geo Barents è stata coordinata da Malta o Italia?

Come da prassi abbiamo chiesto istruzioni e aggiornamenti alle autorità competenti, cioè a Malta e Italia. Ma non abbiamo ricevuto nessuna informazione, nessuna istruzione. Durante la navigazione, durata circa 10 ore prima di trovare il peschereccio, ci siamo resi conto che alcune navi mercantili avevano cambiato rotta e si stavano dirigendo verso le persone in pericolo. Lo abbiamo visto da marinetraffic [uno dei siti che tracciano le navi, ndr]. Le abbiamo contattate e chiesto se qualche autorità aveva preso in carico i soccorsi. Abbiamo saputo che inizialmente lo ha fatto il centro per il coordinamento del soccorso marittimo italiano (Imrcc) e poi è subentrato quello maltese. Ma a noi nessuno dei due ha dato istruzioni. In pratica l’unica nave preparata a realizzare un’operazione così complessa non è stata avvisata.

Perché i mercantili non sono intervenuti?

Sono navi che hanno grosse difficoltà a realizzare i soccorsi, soprattutto in quelle condizioni di mare e per un numero alto di persone. Hanno una stazza imponente, a volte il fianco è un vero e proprio muro. Sono dotate di scialuppe di salvataggio funzionali a evacuare l’equipaggio o recuperare qualche uomo in mare. Ma qui parliamo di un intervento massiccio. Servono attrezzature adeguate. Una delle due navi coinvolte per fare da riparo al peschereccio era talmente grande che la velocità minima che poteva mantenere era di dieci nodi. Mentre il barcone con i naufraghi era quasi alla deriva.

C’era un soccorso coordinato da Malta e siete intervenuti senza che questa coordinasse anche voi. Avete infranto la nuova legge voluta dal governo? Rischiate una seconda e più lunga detenzione?

Vedendo come vanno le cose in questi anni i rischi di escamotage ci sono sempre. Ma nella realtà non mi pare possibile. Abbiamo chiesto istruzioni senza riceverle. Ciò non cancella l’obbligo del soccorso. Un obbligo chiaro perché arrivati sulla scena abbiamo rilevato che il barcone era in pericolo. In questi casi non possiamo esimerci dall’intervento. Comunque, come ogni volta, abbiamo comunicato alle autorità ogni singolo passaggio.