La protesta dei trattori e il movimento per il clima sono stati raccontati da molti come contrapposti. Un po’ per oggettive differenze – gli uni chiedono di alleggerire il Green Deal, gli altri lo considerano gravemente insufficiente. Un po’ per il diverso trattamento riservatogli finora. I blocchi stradali di realtà ecologiste come Ultima Generazione sono finiti in tribunale e diventati oggetto di decreti ad hoc. Quelli dei trattori non hanno conosciuto una reazione simile.

Ma proprio da Ultima Generazione parte il tentativo di unire i due fronti. «Coi trattori condividiamo diverse cose. Sicuramente la preoccupazione per il futuro, sicuramente la forma della protesta e – a occhio e croce – presto potremo condividere anche le celle, visto che l’attuale governo non apprezza i blocchi stradali» diceva pochi giorni fa Tommaso Juhasz, uno degli attivisti di Ug che in questi giorni si è unito alle manifestazioni degli agricoltori. «Siamo andati in piazza con loro prima di tutto per capire» spiega al manifesto. «Ci sono molte cose diverse dentro. C’è percezione di apartiticità, ma si respira in parte anche la volontà della Lega di dare una spallata a Fratelli d’Italia in vista delle Europee. C’è chi ha cinquanta ettari, chi cinquecento, chi cinquemila. Spesso i più grandi parlano per tutti» dice. In che modo la lotta per il clima e gli interessi di chi fa agroalimentare si conciliano? «La transizione alimentare è un pezzo necessario della transizione ecologica. Gli agricoltori sono i primi danneggiati dalla crisi climatica. È una roulette: quest’anno è toccato a Emilia Romagna e Toscana, con alluvioni devastanti anche e soprattutto per le aziende agricole. L’anno prossimo a chi? Ma c’è un problema di credibilità. Può essere credibile la baronessa Von der Leyen, che parla del burger di grilli mentre mangia chianina? Lo stesso vale per la Pac (Politica agricola comunitaria): ora tutti contrari, ma al momento del voto – salvo tre o quattro eurodeputati – i partiti hanno detto sì».

Ultima Generazione è il pezzo di movimento per il clima che più ha ragionato in termini di rapporto con la mobilitazione dei trattori, ma non è l’unico. Giacomo Zattini, che è portavoce nazionale di Fridays For Future Italia, in un’azienda agricola è nato e cresciuto. «Ricordo l’ansia di portare la nostra splendida verdura al grossista. Puntualmente guadagnavamo due lire. Quando i miei genitori hanno dovuto chiudere è stato un grande dolore» ci racconta. Allo scoppio delle proteste anche lui è salito sul trattore di famiglia, ma per cercare un ponte tra ecologismo e agroalimentare. «Gli agricoltori sono coloro che spendono molto per portarci il cibo in tavola, ma il loro lavoro viene retribuito pochissimo» dice in un video pubblicato sui suoi canali social e ripreso da molti attivisti. «Il tutto senza dire della siccità, della grandine, dei mille problemi. La Pac sta dalla parte dei latifondisti: i soldi sono distribuiti per ettaro».

Giacomo Zattini è di Forlì, e ha vissuto da vicino l’alluvione della scorsa primavera. «I giornali si sono riempiti di foto delle città allagate, ma anche le campagne sono state piegate» spiega. «Dobbiamo unirci, per i piccoli agricoltori e contro le lobby dell’agro-business» è la sua conclusione. Anche Tommaso Juhasz individua nell’Unione europea, come d’altronde gli agricoltori in piazza, il centro del problema. «La Pac favorisce lo status quo. L’80% dei fondi va ai grandi, ai piccoli rimangono le briciole. Si finanzia chi ha devastato gli ecosistemi».

Adriana Angarano è attivista di Fridays For Future, ma anche imprenditrice agricola. «Concordo con alcuni dei punti delle proteste. In primis la contrarietà ai trattati di libero scambio, che favoriscono una concorrenza sleale. E poi la questione della democrazia, con la richiesta di tavoli tecnici di agricoltori che esaminino le novità. Su altri punti c’è evidentemente un problema di resistenza al cambiamento. Ma di nuovo, bisogna capire: se non si offre alle persone un’alternativa, non potranno che difendere il passato».