La scommessa è vinta. Per sindacati e oppositori alla riforma delle pensioni, la seconda giornata di manifestazioni, ieri, è stata più partecipata della prima, il 19 gennaio scorso: 2,8 milioni per la Cgt, 1,2 milioni per le Prefetture (1,1 il 19), un record. Più di 200 cortei hanno attraversato città e cittadine, con una partecipazione in crescita, 40mila a Marsiglia, migliaia nelle città medie, 500mila a Parigi per la Cgt (87mila per la Prefettura). Invece, gli appelli allo sciopero sono stati meno seguiti di dieci giorni fa.

I SINDACATI hanno deciso le prossime mosse: il 7 e l’11 febbraio ci saranno due round di manifestazioni, con l’obiettivo di far piegare il governo. Nel frattempo, sono previsti episodi di protesta, categoria per categoria, in primis l’energia: più viene analizzato il dettaglio della legge, più vengono fuori i costi imposti alle diverse professioni, più si radica la convinzione che la riforma sia “ingiusta” e “brutale”, che penalizzi prima di tutto i lavoratori meno qualificati, che hanno iniziato da giovani. «Adesso aspettiamo che il governo riprenda il fascicolo, rinunci ai 64 anni e si metta finalmente attorno a un tavolo perché c’è un rigetto massiccio della riforma, ci deve ascoltare», commenta il segretario della riformista Cfdt, Laurent Berger. «Se il governo e il presidente della Repubblica continuano con questi toni disdegnosi viene posta la questione di scioperi ad oltranza», afferma Philippe Martinez della Cgt. Per Jean-Luc Mélenchon che ha sfilato a Marsiglia, «stiamo vivendo una giornata storica», una «forma di insurrezione cittadina», è «il popolo contro la casta e il suo governo» e «Macron perderà».

UNA MANIFESTAZIONE calma a Parigi, a parte qualche tensione (23 fermi). C’era tutta la sinistra, France Insoumise, Pcf, Verdi. Anche il Ps è sceso in piazza in forza: dalla sindaca Anne Hidalgo (che come altri sindaci ha chiuso degli uffici del comune, scelta che ha indignato il governo), alla nuova segreteria uscita con dolore dal congresso del fine settimana a Marsiglia, il primo segretario Olivier Faure, affiancato dal rivale Nicolas Meyer-Rossignol, nominato segretario delegato, un compromesso senza scelta di una linea di fondo (pro Nupes o presa di distanza dall’alleanza dominata dalla France Insoumise).
La prima ministra, Elisabeth Borne, non demorde: «Con questa riforma ci battiamo per salvare il sistema per ripartizione, per salvare il nostro modello sociale», «i 64 anni non sono negoziabili». Borne si è rivolta ieri ai parlamentari della maggioranza (relativa): «Non dubito che la maggioranza sarà unita, le opposizioni non hanno niente da proporre, se non un calo delle pensioni, un aumento delle tasse o spezzare la dinamica dell’occupazione». Lo scontro è ormai su tre fronti: il governo, il Parlamento e la piazza.

IL TESTO DI LEGGE è da lunedì in discussione alla commissione Affari sociali dell’Assemblée nationale. Le opposizioni hanno presentato 7mila emendamenti, il testo può essere migliorato – donne, lavori usuranti, carriere lunghe, pensioni minime, occupazione dei senior (33% tra 60 e 64 anni) – ma l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, il cuore della riforma diventato il bersaglio da abbattere, non si tocca per il governo. Di fronte all’aumento della partecipazione nei cortei e all’opposizione che resta forte nell’opinione pubblica (68% contro), dei dubbi cominciano a frantumare la maggioranza. C’è una dissidenza anche nel partito di Macron. L’appoggio della destra Lr, che sembrava scontato, si allenta: il segretario Eric Ciotti ha sbandierato che il governo «presenta la nostra legge», ma una parte dei deputati eletti dei territori vede con terrore sfilare le province e teme di perdere voti. «Se Macron vuole il braccio di ferro, perderà» ha commentato Aurélien Pradié, dell’ala “popolare” di Lr.

La prossima settimana l’Assemblée nationale esaminerà la mozione del Ressemblement national a favore di un referendum sulla riforma. Anche la Nupes ha presentato una domanda di referendum, ma la presidenza dell’Assemblea ha deciso di tirare a sorte e l’estrema destra ha vinto. Per la Nupes è una «deviazione di democrazia».