In qualsiasi momento storico e a qualsiasi latitudine geografica, i giovani sono sempre i giovani. Sulla linea d’ombra tra adolescenza ed età adulta si muovono irrequieti, spesso sfidando le regole, alla ricerca del loro posto del mondo. Ma anche, molto più semplicemente, mossi dal desiderio, dalla curiosità per il sesso, dai primi slanci d’amore. Ana, la protagonista di Metronom, in concorso a Un Certain Regard, ha 17 anni, vive a Bucarest nei primi anni Settanta, in pieno regime Ceausescu. Il suo cuore batte per Sorin e la notizia che il ragazzo stia per lasciare la Romania con la famiglia, in cerca di una nuova vita in Germania, la getta nello sconforto. C’è una festa a casa dell’amica Roxana. Disubbidendo alla madre, Ana raggiunge i compagni sperando di incontrare Sorin, capire le sue intenzioni, confessarle i suoi sentimenti. Alla festa accade ciò che accade a qualsiasi festa. Si balla, si scherza, si ride. Qualcuno finalmente si apparta per fare l’amore. Si ascolta la musica che arriva dall’occidente, ciò che tutti i coetanei del mondo ascoltano: i Beatles, Janis Joplin, The Doors.

LE NOTE ARRIVANO attraverso una radio libera, Radio Free Europe, durante una trasmissione «culto» tra i teenager dell’epoca (Metronom, appunto, come il titolo del film) condotta da Cornel Chiriac, giornalista, musicista e produttore rumeno realmente esistito e costretto a lasciare il Paese con l’accusa di essersi fatto promotore di quella musica «corrotta», vietata in Romania in quanto sovversiva, contraria ai valori nazionali. Probabilmente quasi nessuno di quei ragazzi ha piena consapevolezza di star violando la legge, neppure quando abbracciano l’idea di scrivere una lettera di apprezzamento a Chiriac (ucciso a Monaco a soli 33 anni nel 1975) che proprio Sorin avrebbe dovuto consegnare di nascosto a un giornalista francese. Iniziativa che si rivelerà nefasta e li inchioderà tutti sotto l’accusa di collusione con le potenze straniere ai danni dello Stato durante una violenta irruzione della Securitate.

L’oppressione e la sete di libertà; i colori spenti di una Bucarest livida, bagnata dalla pioggia, contro i colori caldi, i sorrisi, i battiti del cuore di un gruppo di ragazzi in festa; il tempo quasi congelato in una città senza vita e l’improvvisa accelerazione a tempo di rock.

QUESTO PERCHÉ Metronom non era considerato solo un contenitore musicale, dal programma trapelava un’idea democratica, seducente per le nuove generazioni, che chiaramente metteva in discussione il sistema politico dell’intero blocco oltre la Cortina di ferro. L’esordiente Alexandru Belc, già assistente di alcuni dei capofila del nuovo cinema rumeno Corneliu Porumboiu e Cristian Mungiu, lavora per opposti. L’oppressione e la sete di libertà; i colori spenti di una Bucarest livida, bagnata dalla pioggia, contro i colori caldi, i sorrisi, i battiti del cuore di un gruppo di ragazzi in festa; il tempo quasi congelato in una città senza vita e l’improvvisa accelerazione a tempo di rock.
Belc costruisce un film politico che avrebbe dovuto essere un semplice coming-of-age. Fuori dalle ideologie denuncia la violenza dei regimi dittatoriali e l’abuso di potere attraverso lo sguardo di un gruppi di ragazzi a cui, con la forza, vengono sottratte l’illusione e la speranza. Un film generazionale che buca il tempo e lo spazio. Perché i giovani sono sempre i giovani, in qualsiasi momento storico e a qualsiasi latitudine geografica. Ieri, oggi e domani.