Una delegazione di cento lavoratrici e lavoratori della Fiom-Cgil provenienti dagli stabilimenti italiani è arrivata ieri al quartier generale di Stellantis a Parigi-Poissy dopo un viaggio a bordo di un autobus a due piani. Il tragitto, iniziato a Torino e concluso alle otto del mattino mentre in Italia si celebrava la repubblica «fondata sul lavoro», è stato considerato dal sindacato come «la prima tappa di un sentiero della dignità, per il lavoro, il reddito e i diritti».

LA FIOM-CGIL ha incontrato i manager della multinazionale ai quali hanno chiesto di aprire un confronto sulle prospettive dei lavoratori del gruppo e della filiera della componentistica. La delegazione è stata accolta in Francia da una rappresentanza del sindacato francese Cgt.

«SIAMO DOVUTI VENIRE in Francia perché con l’azienda in Italia non c’è confronto perché dicono che decidono tutto oltralpe e oltreoceano – ha scritto su Il Manifesto Michele De Palma, segretario generale della Fiom Cgil – Anche il governo italiano, che tanto parla di «interessi nazionali», non può guardare da un’altra parte andando a inaugurare stabilimenti in Francia, ma deve partecipare a un negoziato in Italia mettendo sul piatto risorse condizionate allo sviluppo dell’occupazione e al miglioramento delle condizioni di lavoro».

OLTRE ALL’ASSENZA del confronto, sostiene il sindacato, nel corso degli ultimi mesi sono peggiorate le condizioni negli stabilimenti. Lo dimostrano gli scioperi a Pomigliano dove la Fiom ha bloccato la produzione per tre giorni e a Mirafiori. Cortei nei reparti. In Campania, dove negli stabilimenti Stellantis la Fiom è maggioritaria, non accadeva da 14 anni. Tra i lavoratori la parola più ricorrente è stata «dignità». La stessa alla quale è stata dedicata la «marcia» che ha portato i cento della Fiom a Parigi.

L’AMMINISTRATORE delegato di Stellantis Carlos Tavares ha sostenuto che il problema degli stabilimenti italiani sarebbe «l’efficientamento» per ridurre i costi. La Fiom sostiene invece che l’«efficientamento» si fa a partire dall’aumento dei volumi produttivi. Invece oggi in Italia la produzione è scesa a 500mila vetture l’anno e l’azienda risparmia sulle pulizie degli stabilimenti e dei bagni, uno dei motivi che hanno determinato le proteste dei lavoratori. La situazione negli impianti descritta dal sindacato è drammatica. Si parla di continui periodi di cassa integrazione, lavoratori spostati come pacchi da uno stabilimento a un altro.

ALL’AZIENDA il sindacato ha chiesto di definire un accordo quadro che preveda nuovi modelli, lo sviluppo della componentistica e 3.500 assunzioni per recuperare almeno metà delle uscite degli ultimi tre anni, cioè oltre 7 mila esodi incentivati. «Stellantis ha la responsabilità di non trasformare la disponibilità del sindacato in conflitto» hanno evidenziato Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità e Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil.

STELLANTIS ha respinto l’accusa di scarsa attenzione alle condizioni di lavoro dei propri dipendenti e sostiene che non ci sono problemi di budget. «Per dimostrare la sua attenzione ai dipendenti, anche di un altro mercato come l’Italia, Stellantis ha raccolto le opinioni della delegazione della Fiom-Cgil e della Cgt, che non hanno firmato i rispettivi contratti di lavoro al contrario degli altri principali sindacati dei due paesi – ha detto il portavoce di Stellantis Italia – A novembre scorso, e poi a maggio, ogni sito si è impegnato a realizzare un piano d’azione specifico per garantire buone condizioni di lavoro e assicurare una buona qualità della vita quotidiana». «I dipendenti di Stellantis hanno inoltre beneficiato anche della ridistribuzione di 2 miliardi di euro legata ai risultati dell’azienda».

«SI PUÒ NON ESSERE d’accordo su un contratto – come nel caso del contratto collettivo specifico che ancora ci esclude – ma è inaccettabile pensare di poter obbligare i lavoratori ad accompagnare l’eutanasia dell’automotive in Italia» ha detto De Palma.