Un’eccezionale ondata di calore da settimane sta soffocando mezzo pianeta. In Canada, dove al grande caldo sono seguiti incendi che stanno devastando interi villaggi, l’ultimo bollettino parla di almeno 500 moti in pochi giorni. Ma la crisi climatica investe appunto anche altre aree del mondo, dagli Stati uniti alla Russia al Medio Oriente.

Cosa sta succedendo? Ne parliamo con Federico Grazzini, ricercatore di meteorologia all’Università Lmu di Monaco di Baviera, meteorologo presso Arpae-Simc e divulgatore scientifico (insieme a S.Rossi ha recentemente scritto il libro Fa un po’ caldo di Fabbri Editore).

Caldo estremo che sfiora i 50 gradi in Canada, siamo in una fase di accelerazione del riscaldamento globale?

L’ondata di calore sugli Stati Uniti nord-occidentali e sul Canada è qualcosa di particolarmente eccezionale, che lascia letteralmente interdetti noi meteorologi. Si tratta di +10° gradi rispetto ai precedenti record cioè ai valori massimi raggiunti negli ultimi 100 anni e +20° in più rispetto alle medie e alla climatologia. Qualcosa di incredibile.

Domenica scorsa si è registrato 46.6°C, record che ha battuto di 6.6 gradi il precedente che resisteva dal 2008 (su una serie storica con dati dal 1921), poi lunedì la temperatura massima è salita a 47.9°C, infine martedì a 49.6°C.

Questo è accaduto non solo in una particolare stazione meteorologica ma in generale in tutta la vasta provincia della British Columbia. I modelli numerici lo avevano previsto con molti giorni d’anticipo. E se i modelli hanno avuto ragione sulla previsione di un fenomeno così estremo e diverso da quelli accaduti nel passato, viene da pensare che gli scenari a lungo termine non promettano niente di buono.

Ci sono tutta una serie di indicatori che il riscaldamento globale stia accelerando. Il motivo è che il bilancio energetico della Terra si sta alterando pericolosamente, trattenendo sempre più calore; come dimostrato recentemente da un gruppo di ricercatori della Noaa che hanno inviduato un raddoppio di questo sbilancio tra il 2005 e il 2019.

Federico Grazzini

 

Un’onda di calore che inasprisce le disuguaglianze sociali.

Ci colpisce quello che accade in Canada perché è un paese del Nord del mondo, un paese ricco. Ma le temperature infuocate sono anche nel Medio Oriente, si stanno registrando 51-52 gradi in varie città in Iraq, in Kuwait: una situazione invivibile, insopportabile per ogni essere umano, soprattutto se vive in situazioni di miseria senza sufficiente acqua e senza energia per climatizzare le case.

Ci stiamo avvicinando alla temperatura massima assoluta mai registrata sulla Terra, che è 56 gradi, ma è stata registrata in zone non abitate dall’uomo. Questo vuol dire che sempre più luoghi stanno diventando inabitabili, con conseguenti fughe e migrazioni.

La percezione di quello che sta succedendo è purtroppo ancora troppo scarsa nei mass media occidentali. Anche in Italia ci sono stati decessi di lavoratori (e molti malori) dovuti al caldo, gente costretta a lavorare all’aperto nonostante le temperature proibitive.

Sono uscite alcune anticipazioni del rapporto Ipcc, sempre più catastrofico.

Anche se non è un documento ufficiale e sarà ancora sottoposto a revisione scientifica, quello che colpisce, e credo che probabilmente non cambierà nella versione finale è il suo linguaggio, molto più netto, più estremo del rapporto precedente.

La quantità di letteratura scientifica prodotta recentemente, la potenza di calcolo associata a modelli climatici sempre più raffinati, e l’osservazione diretta di ciò che sta accadendo tolgono ogni ragionevole dubbio della diversa traiettoria che abbiamo imposto alla nostra atmosfera. Siamo sempre più capaci di vedere nel dettaglio le pericolose conseguenze alle quali andremo incontro.

Siamo sempre più vicini al punto di non ritorno?

Questi dati allarmanti devono creare un «panico attivo», che stimoli l’azione e che non ci porti alla rassegnazione. Non possiamo permetterci di abbandonare la speranza e la volontà di agire rapidamente. La ritrosia e i tentennamenti dei politici per motivi economici, per non far «retrocedere» l’economia, sono inaccettabili, bisogna far comprendere che le vecchie economie, basate sul fossile e sul consumo infinito, saranno comunque distrutte perchè insostenibili.

Nella sua ricerca «Extreme precipitation in Northern-Italy: genesis, classification, predictabiity», parla di piogge e eventi estremi. Sono l’altra faccia delle ondate di calore che stiamo vivendo in questi giorni?

Certamente, se l’atmosfera si scalda, aumenta il vapore acqueo che può contenere e quindi le precipitazioni, dove si verificheranno, saranno più intense. Riscaldandosi molto velocemente, infatti, le zone secche diventeranno sempre più secche ed estese, per effetto della probabile espansione delle zone di alta pressione subtropicali.

Anche il Mediterraneo rischia questa sorte. Di questo passo nelle nostre latitudini la frequenza delle precipitazioni diminuirà (poiché sarà più difficile arrivare a condensazione), ci sarà quindi una netta diminuzione delle piogge in primavera e estate, con siccità estesa e ondate di calore sempre più intense. In autunno la situazione di ribalta, si creeranno condizioni favorevoli per forti piogge ed eventi estremi di portata molto pericolosa.

Questa estremizzazione del ciclo idrologico rende molto complicata la gestione della risorse idrica. Nel Nord Italia e nelle Alpi in particolare, l’aumento delle temperature si fa più sentire, fondono i ghiacciai che sono le nostre principali riserve di acqua dolce, si stima che metà del volume sia già stato perso.

Basare la vita e le colture solo sulle acque superficiali è estremamente difficile. Creare bacini per contenere l’acqua delle piogge autunnali torrenziali, che servano poi per l’estate, in un territorio fragile e densamente popolato come il nostro, è un’impresa davvero ardua.