«Un crimine atroce che non può conoscere né oblio né perdono». Nel giorno dell’Yom HaShoah, la giornata del ricordo dell’Olocausto, Sergio Mattarella alza la sua voce da Auschwitz-Birkenau. Il presidente della Repubblica, in visita di Stato in Polonia, prende la parola per salutare i partecipanti alla «Marcia dei vivi», una manifestazione che in questa giornata vede, ogni anno, moltissime persone da tutto il mondo, molti studenti, percorrere i tre chilometri che separano l’ingresso principale di Auschwitz dal campo di Birkenau. E nel suo discorso, contro tutti i revisionismi e contro le ricostruzioni di comodo della storia, il capo dello Stato parte con una condanna molto netta delle responsabilità di chi collaborò con i soldati di Hitler.

«Siamo qui oggi a rendere omaggio e fare memoria dei milioni di cittadini assassinati da un regime sanguinario come quello nazista che, con la complicità dei regimi fascisti europei, che consegnarono propri concittadini ai carnefici, si macchiò di un crimine orrendo contro l’umanità». Senza bisogno di nominarle, le parole di Mattarella sono la smentita più secca delle ricostruzioni che hanno puntato a nascondere le responsabilità nazionali, coprendole con quelle dei nazisti invasori. E non può che tornare alla memoria il discorso della presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, che per ricordare un mese fa le vittime dei nazisti alle fosse Ardeatine, alle porte di Roma, non ha trovato di meglio che dire che quei 335 furono uccisi «perché italiani». Quando si trattava per la grande maggioranza di antifascisti ed ebrei. E nella lista, compilata con la collaborazione di italiani, fascisti, non mancavano gli stranieri.

«Cittadini innocenti di ogni parte d’Europa furono tradotti bestialmente a questo luogo di morte», ricorda Mattarella, «nei campi nazisti, oltre a milioni di ebrei, bersaglio di quella disumana macchina di orrore, anche oppositori politici, sinti, rom, disabili, omosessuali trovarono la morte nelle camere a gas, o per il freddo, la fatica, la fame e le malattie o, ancora, perché vittime di esperimenti criminali». Una storia agghiacciante che al capo dello stato scorre davanti agli occhi, nella visita che compie al museo di Auschwitz-Birkenau. Al quale lascia, sul libro degli ospiti, il messaggio che è un monito: «Coltivare la memoria, contrastare odio, pregiudizio e indifferenza».

Non è un impegno dal quale si possa deflettere, soprattutto adesso dice Mattarella. «L’odio, il pregiudizio, il razzismo, l’estremismo, l’antisemitismo, l’indifferenza, il delirio, la volontà di potenza sono in agguato, sfidano in permanenza la coscienza delle persone e dei popoli». E per questa ragione «non può essere ammesso nessun cedimento alle manifestazioni di intolleranza e di violenza, nessun arretramento nella tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, base del nostro convivere pacifico».

Al suo arrivo al campo di Auschwitz-Birkenau, Mattarella trova ad aspettarlo due donne anziane, due sorelle italiane dalla storia tragica e straordinaria. Tatiana e Andra Bucci, 86 anni la prima e 84 la seconda, furono rastrellate a Trieste nel marzo del 1944 dai nazisti messi sulla strada da un italiano (come racconta anche il cortometraggio animato dedicato alla loro storia, La stella di Andra e Tati). Le sorelle Bucci furono tra i pochissimi bambini sopravvissuti, gli italiani solo 25 su quasi 800 internati, al momento dell’arrivo dei soldati sovietici ad Auschwitz e della liberazione nel gennaio 1945. «Non pensavo che avrei pianto alla marcia. Ero molto scettica e invece vedere questi ragazzi, bambini anche, mi ha commosso. Sono molto contenta di aver accettato l’invito del Quirinale», le parole di ieri di Tatiana. Che poi manda un pensiero alle stragi di oggi: «Con tutti i bambini che sono morti qua, vederli a casa nostra, nel Mediterraneo, è una cosa per noi insopportabile, vorremmo proprio che finisse, che fossimo capaci di accettare quelli che ci vengono a chiedere aiuto».

Al termine della cerimonia, il presidente della Repubblica si avvicina alle ragazze e ai ragazzi, alunni di tre scuole, che lo hanno accompagnato nel viaggio: «Ora tocca a voi. Dovete ricordare e trasmettere a vostra volta».