Uno degli attacchi più duri nei confronti di Facebook è arrivato dalle pagine del New York Times. Chris Hughes, uno dei cofondatori del social, ha proposto che Facebook venga divisa in tre aziende separate: Facebook, WhatsApp e Instagram. «Per troppo tempo i legislatori si sono meravigliati della crescita esplosiva di Facebook e hanno trascurato la loro responsabilità nell’assicurare che gli americani siano protetti e che i mercati siano competitivi – ha scritto Hughes – È ora di smembrare Facebook. Siamo un paese che ha la tradizione di governare i monopoli, a prescindere dalle buone intenzioni delle persone che guidano le aziende, il potere di Mark è senza precedenti, è anti-americano».

QUESTO, PER ZUCKERBERG, è stato il più aggressivo tra tutti gli attacchi ricevuti negli ultimi, complicatissimi, due anni, segnati dallo scandalo delle fake news diffuse dai russi per diffondere disinformazione e influenzare le elezioni Usa del 2016, dalla condivisione di milioni di dati personali degli utenti con Cambridge Analytica e con aziende come Amazon, Microsoft e Netflix. L’acme è stata rappresentata dalla sua testimonianza davanti al Congresso proprio su questi temi e la conseguente perdita di immagine.

Hughes, nel suo editoriale, è stato molto critico riguardo la decisione presa dalla Federal Trade Commission, che nel 2012 ha approvato l’acquisizione di Instagram da parte di Facebook, e nel 2014 quella di WhatsApp; Zuckerberg aveva visto che Facebook era diventata la piattaforma dei genitori e dei nonni e la nuova generazione cercava una comunicazione più veloce. Così ha finito per acquisire Instagram, integrandolo con la comunicazione volatile propria di SnapChat, costruendo così un colosso intercomunicante.

Hughes – però – non è il solo ad avanzare la proposta di uno smembramento in singole aziende e non è neppure arrivato primo: a precederlo è stata infatti la senatrice democratica del Massachusetts e candidata alle elezioni presidenziali del 2020 Elizabeth Warren, seguita dalla stella socialista del partito, la newyorchese Alexandria Ocasio-Cortez, citando come esempio lo Sherman Antitrust Act del 1890 che portò alla divisione di Standard Oil in 34 società distinte, coinvolgendo nella propria critica anche Amazon, Apple e Google.

ALTRI DUE CANDIDATI di punta alla Casa bianca si sono detti concordi con la collega e con Hughes: il senatore del New Jersey Cory Booker e la senatrice californiana Kamala Harris, la quale si microfoni della Cnn ha detto che i legislatori «devono seriamente dare un’occhiata» all’ipotesi di una divisione di Facebook in quanto «ci sono poche persone in grado di cavarsela e coinvolgere la loro comunità, la società, nella loro professione, senza in qualche modo, da qualche parte, avvalersi di Facebook – ha affermato la senatrice – È essenzialmente uno strumento non regolamentato. E per quanto mi riguarda, questa situazione deve finire». Anche tra i repubblicani l’idea di applicare delle norme all’impresa di Zuckerberg non sembra del tutto peregrina ma i rappresentanti del Gop sono meno propensi allo smembramento ma più inclini ad una generica regolamentazione.

Nel suo editoriale Hughes cita l’esempio di AT&T, la compagnia telefonica divisa dall’antitrust in tre aziende separate, Lucent, Ncr e At&t, ma proprio questo esempio è visto da molti nel partito repubblicano come una delle cause della perdita di slancio delle compagnie Usa sul 5G e che ha favorito la corsa della cinese Huawei; questa posizione è condivisa anche dal deputato californiano democratico Ro Khanna, compagno di molte delle lotte di Ocasio-Cortez, ma che su Facebook fa dei distinguo rispetto alla deputata newyorchese: Khanna è dell’idea di non spezzettare la compagnia per non indebolirla, mentre, «è importante che l’America non ceda il suo vantaggio nell’innovazione alle cinesi Alibaba, Tencent, o Baidu».

L’ATTACCO di Hughes arriva proprio negli stessi giorni durante i quali Facebook deve affrontare un’altra controversia: un’indagine dell’Associated Press ha rivelato che la piattaforma genera automaticamente video e pagine che celebrano gruppi estremisti. Facebook, infatti, per festeggiare un anno di contenuti di ogni utente, genera automaticamente un video celebrativo; nel caso segnalato dalla Ap l’utente si chiamava «Abdel-Rahim Moussa, il Califfato».

Facebook ammette che i suoi sistemi non sono perfetti, ma afferma di star facendo dei miglioramenti, e anche per quanto riguarda le critiche di Hughes mantiene una posizione simile e risponde con una nota dell’ex vicepremier inglese ora a capo degli affari globali e delle comunicazioni del social media, Nick Clegg: «Facebook accetta che con il successo arrivino le responsabilità – si legge nella nota – ma non si impongono le responsabilità chiedendo la disgregazione di un’azienda americana di successo. Le responsabilità delle aziende tecnologiche possono essere raggiunte solo attraverso l’introduzione scrupolosa di nuove regole riguardo Internet. Questo è esattamente ciò che Mark Zuckerberg ha chiesto, ed è per questo che sta incontrando alcuni leader del governo americano».