Stanno per raggiungere quota 100 i decreti ingiuntivi emessi dalla magistratura a garanzia delle spettanze dovute ai circa 300 operai Qf ex Gkn, che non ricevono alcunché dallo scorso ottobre. I provvedimenti presentati dagli avvocati Danilo Conte, Silvia Ventura e Anita Marafioti, del pool legale attivo dallo scorso anno in difesa della Rsu, sono sistematicamente validati dai giudici del lavoro che si stanno occupando del caso. E ci sono già stati i primi pignoramenti del prezioso materiale rimasto in una fabbrica che era all’avanguardia nella produzione di semiassi. Elementi imprescindibili di ogni auto, sia a motore termico che elettrico.

Le ripetute condanne a Qf a pagare la differenza fra quanto riscosso dai lavoratori e quanto avrebbero dovuto avere, hanno fatto saltare i nervi all’ex advisor Francesco Borgomeo. L’attuale proprietario dello stabilimento di Campi Bisenzio, acquistato per un euro da Gkn-Melrose che aveva chiuso una fabbrica in attivo per aumentare finanziariamente i già lauti profitti, annuncia infatti che l’azienda andrà in liquidazione. Una ipotesi che gli operai avevano già subodorato, visto che Borgomeo ha marcato visita ad ogni incontro, anche istituzionale, fissato per uscire dallo stallo della tanto strombazzata reindustrializzazione del sito produttivo alle porte di Firenze. Reindustrializzazione rimasta lettera morta, a detta degli stessi ministeri delle attività produttive e del lavoro.

“Borgomeo sta effettuando un’operazione di distrazione di massa – aveva avvisato per tempo la Fiom – per non ammettere il mancato rispetto dell’accordo sulla reindustrializzazione da lui stesso sottoscritto il 19 gennaio 2022 al Mise. Sia il ministero che Invitalia non hanno considerato percorribile il contratto di sviluppo da lui stesso proposto. A tal punto che l’Inps non ha autorizzato la cassa integrazione perché, unico caso in Italia, non sanno neanche che causale metterci”.

In una situazione del genere, le accuse di Borgomeo alla Rsu ( “Stanno facendo di tutto per far fallire la Qf al fine di espropriare lo stabilimento e disporre dei beni a loro piacimento come stanno già facendo senza alcun controllo”) e le aperte minacce al Collettivo di Fabbrica (“Qf farà ogni atto necessario a tutelare i lavoratori ed il patrimonio aziendale, e soprattutto farà ogni azione utile al ripristino della legalità nello stabilimento e nella vertenza. Abbiamo sempre detto che non esiste sviluppo e occupazione nell’illegalità. L’illegalita diffusa dovrà essere sempre contrastata”), appaiono lunari.

Seccca la risposta del Collettivo di Fabbrica: “Qf non paga, non consegna i cedolini busta paga, non si mette in regola con i contributi, sfugge dai tavoli dove si discute di cassa integrazione. Più di 280 lavoratori hanno messo in mora Qf, e oltre 180 stanno procedendo con gli avvocati per il recupero degli stipendi. Quando ventiliamo l’ipotesi di liquidazione, Qf di fatto la conferma, buttando la palla in tribuna. L’ultimo comunicato è un puro delirio da maccartismo anni ’50. Ognuno può confrontare la precisione e la puntualità di quanto scriviamo, e questo tentativo di confusione. Tutto quanto da noi scritto è scritto e condiviso dalla Rsu, con il mandato dei lavoratori”.

“Ora sta alle istituzioni fermare questa deriva”, chiedono una volta ancora gli operai, che hanno presentato un piano di rilancio su produzioni di mobilità sostenibile, con la Regione Toscana al lavoro in uno scouting tra le aziende interessate. Il Mimit ex Mise ha convocato per il 24 febbraio un nuovo incontro. Ma la Fiom con Simone Marinelli e Stefano Angelini chiede di anticiparlo per fare al più presto chiarezza, e osserva: “Qf ha diramato una nota stampa delirante, provando ancora una volta a spostare le colpe dalla mancata reindustrializzazione sui lavoratori. Un atteggiamento irresponsabile come lo è stato in tutto questo periodo, dove si è sempre tirata indietro nel cercare soluzioni alternative. La paventata messa in liquidazione è un ulteriore atto di irresponsabilità di una proprietà che non vuole prendere atto del fallimento del progetto presentato, e farsi da parte per dare alla fabbrica una reale opportunità di rilancio”.