Tutti i nodi mai sciolti della mancata reindustrializzazione della Gkn arrivano al pettine. Ancora una volta per merito dei più diretti interessati, gli operai a cui hanno chiuso la fabbrica dalla sera alla mattina, che da lunedì sera ore sono di fatto ospiti del consiglio comunale di Firenze in Palazzo Vecchio. Non è una occupazione, perché tutti i consiglieri tranne uno (tal Cocollini) avevano votato la sospensione e non la chiusura della seduta. Per il semplice motivo che la protesta delle tute blu si basa su fatti inoppugnabili. “Se un imprenditore ha frizioni con il ministero dello sviluppo economico, con gli enti locali, con l’Inps, con i lavoratori e con le organizzazioni sindacali – tira le somme Matteo Moretti del Collettivo di Fabbrica – qualche domanda dovrebbe iniziare a porsela”.

Invece Francesco Borgomeo, ex advisor che ufficialmente ha ottenuto gratis dal fondo finanziario Melrose uno stabilimento all’avanguardia nella produzione di semiassi, ha fissato solo dei diktat. Prima non pagando l’anticipo della cassa integrazione di questo mese ai 300 addetti diretti rimasti, come invece prevedeva l’accordo quadro per la riconversione industriale sottoscritto a gennaio anche da lui. Poi, di fronte all’assenza – certificata dagli stessi dirigenti del ministero – di un piano industriale minimamente credibile, scaricando sugli operai tutte le responsabilità di uno stallo sempre più drammatico.

“Stiamo preparando azioni legali e delle lettere di messa in mora – replica Moretti – c’è grande compattezza tra noi lavoratori. Siamo 300 famiglie, prese in ostaggio da un proprietario, Francesco Borgomeo, per richiedere fondi pubblici. Lui chiede la cassa integrazione che l’Inps non gli concede semplicemente perché non ci sono ragioni imprenditoriali per farlo”. “Sia il ministero che Invitalia non hanno considerato percorribile il contratto di sviluppo da lui proposto – ha ricordato sul punto la Fiom – a tal punto che l’Inps non ha autorizzato la cassa integrazione perché, unico caso in Italia, non sanno neanche che causale metterci”.

Alla fine il presidente del consiglio comunale Luca Milani, ex operaio, chiude la seduta ma, in accordo con il sindaco Nardella, rassicura la trentina di operai che hanno promosso l’agitazione: “Questa è anche casa vostra, per cui nessuno prende e vi caccia fuori”. Si lavora a un consiglio comunale interamente dedicato alla vertenza, da svolgere lunedì prossimo all’interno della fabbrica, e domani alla conferenza dei capigruppo sarà affidata la decisione finale.

Innumerevoli le prese di posizione a sostegno degli operai. “Chiediamo il rispetto degli accordi siglati e l’adempimento di ogni spettanza a lavoratori e lavoratrici”, osserva ad esempio Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia, presidente della commissione lavoro alla Camera. E la notte scorsa in Palazzo Vecchio insieme alle tute blu c’erano consiglieri del Pd, di Sinistra Progetto Comune (Dmitrij Palagi e Antonella Bundu), e i due assessori dem Benedetta Albanese e Cosimo Guccione.

La Fiom Cgil ha chiesto un incontro urgente al ministero, aspettando una risposta il segretario metropolitano Daniele Calosi è chiaro: “Invece di cercare prove muscolari, Borgomeo ci dica che non ci sono più le condizioni per andare avanti, cambi l’advisor, e metta nelle mani del ministero la possibilità di un’amministrazione straordinaria, in modo da poter accedere ad un aiuto economico e una vera prospettiva di sviluppo”. Ma di fronte all’arroccamento dell’ex advisor Gkn, l’operaio Dario Salvetti dice quello che ormai tutti pensano: “E’ il momento che qualcuno indaghi sulla figura di Borgomeo, su qual è il suo scopo. Se uniamo i punti viene fuori Melrose, vediamo un legame di ferro tra la nuova proprietà e la vecchia per lo svuotamento dello stabilimento, e l’alleggerimento degli stipendi scaricati sul pubblico attraverso la cassa integrazione”.