Di fronte alla cappa di silenzio che avvolge sia la vertenza che la loro proposta di legge regionale per la reindustralizzazione della fabbrica, i circa 160-170 operai superstiti della ex Gkn rispondono presentando agli atenei toscani il loro piano industriale, redatto insieme a prof e ricercatori universitari, e chiamando sabato 18 maggio a Firenze ad una nuova manifestazione, per cercare di sgretolare un autentico muro di gomma eretto sia dal governo nazionale che dalla stessa politica toscana. Senza dimenticare una magistratura penale che continua a non chiedersi perché si sia arrivati al quinto mese di mancato pagamento degli stipendi a chi, per decisione del giudice del lavoro, è a tutti gli effetti ancora dipendente della Qf di Francesco Borgomeo.

Ieri al Polo Fibonacci dell’ateneo pisano la proposta di legge regionale è stata presentata dal Collettivo di Fabbrica, in un incontro al quale hanno partecipato Andrea Roventini della Scuola Superiore Sant’Anna e Benedetta Celati dell’Università di Bologna, entrambi fra i docenti che hanno accompagnato gli operai nel tentativo di riconvertire il sito industriale con nuove produzioni, dopo la precipitosa fuga di Gkn-Melrose del luglio 2021.

“Entriamo oggi nel quinto mese senza stipendio né ammortizzatore, e le istituzioni sono sparite – ha premesso la Rsu Qf ex Gkn – ma il progetto industriale c’è, comprensivo di investitori, tempistiche e previsioni di mercato. Però senza intervento pubblico non può esserci transizione ecologica. Anche per questo torneremo in piazza, per chiedere ancora una volta che sia la Regione a creare un consorzio industriale”.

Nel dettaglio, il progetto per la riconversione della fabbrica di Campi Bisenzio, presentato 24 ore prima all’Università di Firenze, prevede una copertura finanziaria per 7,6 milioni di euro (di cui 3 di capitale di debito), il closing per i macchinari entro l’estate, e un anno per iniziare a lavorare. Assicurando 136 posti e 50 milioni di gettito per l’erario in 10 anni. Cinque le direttrici produttive: la prima per la produzione di pannelli fotovoltaici personalizzabili, la seconda per la loro installazione, la terza per il recupero e il riciclo dei pannelli prodotti da altri, la quarta per la produzione di cargo bike, e l’ultima per la gestione del condominio industriale.

“Questo progetto è quanto di più avanzato sia stato prodotto sullo stabilimento almeno dal 2018 – hanno spiegato gli operai – eppure non sappiamo se vedrà mai la luce. Il nostro è un progetto avanzato, basato su energia rinnovabile, mobilità sostenibile ed economia circolare. Ma senza intervento pubblico la transizione ecologica non si fa, perché è una decisione politica e non imprenditoriale”.

Il nodo resta quello dello stabilimento: “E’ qui che entrano in gioco le istituzioni. E se pensare a una nazionalizzazione oggi, dopo trent’anni di smantellamento di competenze nel pubblico, è impensabile, l’unica soluzione possibile in questo contesto è un consorzio pubblico dove sia coinvolta tutta la comunità operaia, scientifica e sociale che in questi tre anni ha lavorato per creare un’alternativa all’ex Gkn”.

Così la Rsu sollecita nuovamente la Regione perché sia discussa la proposta di legge, grazie alla quale le realtà sia pubbliche che private potrebbero intervenire sulle aree produttive dismesse. “Chiediamo che qualsiasi consigliere la faccia propria – spiegava Dario Salvetti già a inizio aprile – altrimenti proporremo di trasformarla in legge di iniziativa popolare”. Eppure né da parte della maggioranza Pd-Iv che governa la Regione, né dall’opposizione “progressista” del M5s, né tanto meno dalla destra c’è stata risposta. Solo il Consiglio comunale di Firenze ha approvato una risoluzione, presentata da Dmitrij Palagi e Antonella Bundu di Spc, per chiedere che la Regione faccia proprio quel testo e lo discuta con urgenza.

“Per noi la fine della vertenza significherebbe almeno la disoccupazione e quindi comunque un sollievo – annota la Rsu – ma dal giorno dopo sarebbe più difficile per chiunque scioperare o rivendicare un diritto, sarebbe più difficile uscire dal fossile o riconvertire l’industria bellica. Per questo il 18 maggio torniamo in piazza, con tutta la dignità che abbiamo in corpo”.