Ernest Hemingway soleva scrivere scalzo con i piedi sulla pelle di un’antilope lesser kudu. L’aveva portata alla Finca Vigía – la fattoria e la villa che erano la sua residenza cubana nella periferia sud-est dell’Avana – dal suo secondo safari in Africa. Il premio Nobel per la letteratura del 1954 riteneva che la pelle d’antilope gli portasse fortuna.

NON SI SA, ovviamente, se abbia realmente contribuito all’ispirazione dell’autore, che nella villa della Finca Vigía scrisse, tra l’altro, Il vecchio e il mare. Ma di certo lì sopravvive tuttora, a 58 anni dal suicidio di Hemingway, nella residenza trasformata in museo alla fine degli anni Ottanta. L’antilope lesser kudu ha continuato a far parlare di sé anche quando una folta delegazione di istituzioni culturali cubane e statunitensi ha inaugurato un Centro di restauro per preservare i circa ventimila reperti contenuti nella fattoria-museo.

LIBRI, DISCHI, foto, riviste, lettere, macchina per scrivere, armi e trofei di caccia. Ma anche lo yacht «Pilar» col quale Hemingway usciva a pescare tra i cayos dell’isola e nella corrente del Golfo, e che utilizzò anche per cooperare con l’intelligence americana nella ricerca di sottomarini che si fossero avventurati nelle acque del Golfo del Messico durante la seconda guerra mondiale.
Il centro di restauro è un moderno edificio disegnato e costruito dal Consiglio nazionale del patrimonio culturale di Cuba e dalla Fondazione Finca Vigía degli Stati uniti.
Al taglio del nastro c’era il congressista democratico James McGovern che, fin dalla sua visita nell’isola nel 2002, si è battuto per trovare i fondi da dedicare alla conservazione dell’opera letteraria e il lascito del premio Nobel, nonostante l’embargo unilaterale che gli Usa impongono a Cuba da più di sessant’anni.

«Il progetto di conservazione è stato un successo – ha dichiarato McGovern – Ma è costato una faticosa opera di mediazione politica, soprattutto dopo che il presidente Trump ha attuato una netta marcia indietro rispetto alle aperture verso l’isola, volute dal suo predecessore Obama».
Hemingway si trasferì a Cuba – dove comprò la Finca Vigía tra l’altro con i diritti d’autore di Addio alle armi – nel 1939 e vi rimase fino a un anno prima del suo suicidio negli Usa. Dal 2003 sono iniziate le visite di delegazioni di esperti di diverse discipline che hanno permesso con i loro contributi la realizzazione del progetto museografico: dallo scrittore Scott Berg agli architetti Lee Cott e Henry Moss. E, soprattutto, Jenny Phillips, antropologa e documentarista nipote di Mawell Perkings (editore e amico di Hemingway), scomparsa prima di veder conclusa la sua opera.

LA VILLA-MUSEO è attualmente testimone della digitalizzazione di quattromila e cinquecento fotografie, documenti e libri con annotazioni dello scrittore: un’azione che garantisce la conservazione di una parte considerevole del patrimonio dell’istituzione.
Ma il lavoro continua per assicurare che il clima umido dei Caraibi non rovini altri libri, come la collezione dei classici di Ezra Pound o The Changing face of beauty, Letters of Thomas Mann, The autobiography of Mark Twain, Poor no more (Robert Ruark) e altri volumi della casa editrice Hamish Hamilton, che portano i segni delle consultazioni di Hemingway.
Da anni la Finca Vigía è il centro di una piccola ma costante nicchia del turismo dell’isola: il «circuito Hemingway» che prevede anche un’escursione a Cojimar, ex villaggio di pescatori pochi chilometri ad est della capitale, dove era ancorato lo yacht Pilar e dove viveva Gregorio Fuentes, il «capitano» del Pilar, fonte di ispirazione per il protagonista de Il vecchio e il mare. A Cojimar vi è poi un memorial Hemingway, una sorta di tempietto che ospita un busto del premio Nobel.