Gennaio 2024 sarà uno spartiacque sociale drammatico, anche se in pochi se ne stanno rendendo conto. I dati sull’emergenza abitativa diffusi dal ministero dell’Interno e divulgati a ottobre 2023, con ben sette mesi di ritardo, fotografano il dramma che quotidianamente è sotto i nostri occhi.

Secondo il Viminale nel 2022 gli sfratti sono triplicati (+218%), così come le richieste (+199%). Quarantaduemila i provvedimenti emessi, novantanovemila le richieste di esecuzione, 30.300 gli sfratti eseguiti: l’emergenza casa in Italia è tornata ai livelli precedenti la pandemia, dopo il parziale blocco delle esecuzioni e i numeri sono da record.
A Roma si concentra oltre l’80% dei provvedimenti emessi dai tribunali di tutto il Lazio e il 2022 ha visto un boom delle esecuzioni con forza pubblica: +187%. Basterebbero questi dati, inconfutabili, per mettere a tacere tutte le voci critiche nei confronti delle mobilitazioni studentesche, che con acampadas e tende fuori dalle facoltà, hanno provato a mettere l’emergenza abitativa al centro dell’agenda politica del governo.

Insieme ai movimenti per il diritto all’abitare che, unitamente ai sindacati degli inquilini, si sono mobilitati per chiedere «almeno» la riconferma delle misure di sostegno agli affitti e alla morosità incolpevole. Invece è accaduto l’esatto contrario: il governo Meloni non ha rifinanziato il fondo nazionale per il contributo affitto e morosità incolpevole, un contributo istituito nel 2016 che negli anni è servito ad arginare gli sfratti e che alle casse pubbliche pesava per 250 milioni di euro.

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Ma la situazione, se possibile, è destinata ad aggravarsi sotto il peso della riforma del reddito di cittadinanza che annullerà, di fatto, una fondamentale misura di welfare (e di ridistribuzione delle ricchezze) per milioni di italiani, soprattutto al centro-sud. Più di recente il governo Meloni, con un atto al limite della pirateria istituzionale, ha stralciato la proposta sul salario minimo delle opposizioni che avrebbe provato a riavvicinare l’Italia agli standard salariali europei.

Come amministratore locale posso confermare la drammaticità dello scenario con il quale ci troviamo a fare i conti quotidianamente con armi sempre più spuntate a causa delle politiche del governo. Da qualsiasi punto di vista lo si guardi, il quadro è inquietante: nel mercato privato sono aumentati affitti e mutui (oltre alla garanzie folli richieste tanto per gli uni e gli altri); nell’offerta di alloggi popolari, scarsa per qualità e quantità: oggi in Italia mancano all’appello 600mila unità; nella gestione folle della dismissione del patrimonio pubblico degli enti (principalmente Inps ed Enasarco) dove la tutela del diritto all’abitare del ceto medio residente non sembra essere una priorità per nessuno.

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Dobbiamo lanciare un allarme: le scelte folli del governo rischiano di gettare migliaia di famiglie nella spirale dell’emergenza abitativa, soprattutto quelle appartenenti al ceto medio. È necessaria la convocazione di un tavolo di coordinamento con i principali enti al fine di capire, nelle attuali condizioni di mercato e sociali, come rendere attuabile la sanatoria e come evitare che migliaia di cittadini alimentino un nuovo fronte emergenziale. Un passaggio che, nell’assumere la gravità della situazione, trovi soluzioni condivise ma con una premessa necessaria: dobbiamo fermare temporaneamente la spirale di sfratti e sgomberi.

Questo ci darebbe tempo per studiare un piano strategico capace di dare piena attuazione al Piano Casa, con cui la giunta Gualtieri ha messo sul piatto 220 milioni di euro per aumentare il patrimonio delle case popolari e migliorarne la gestione, e rendere la sanatoria degli enti previdenziali del 2013 realmente applicabile. Parliamo di patrimonio di pubblico, costruito con i soldi dei lavoratori e delle lavoratrici di questo paese. Un patrimonio che deve tornare a svolgere la funzione sociale di protezione del ceto medio della nostra città e del nostro paese. Senza una casa, come anche senza un salario minimo dignitoso, viene meno il fondamento per essere pienamente cittadini.

***L’autore è assessore nel terzo municipio di Roma