Eliana Como, prima firmataria del documento congressuale alternativo «Le radici del sindacato», voi avete condiviso la scelta nel voto all’unanimità del Direttivo di luglio: con quale spirito oggi scendete in piazza nell’anniversario dell’assalto fascista alla Cgil?

Siamo in piazza con due animi. Il primo è quello di una piazza antifascista e democratica: mi auguro sia una sorta di 25 aprile d’autunno, penso che ne abbiamo bisogno anche perché le organizzazioni fasciste non sono state sciolte e in questo anno le nostre sedi sono state oggetto di scritte e contestazioni: non capisco come sia possibile che un anno fa la polizia quasi scortò i manifestanti fino a Corso Italia mentre in giro per l’Italia i responsabili non siano mai stati individuati. Dall’altro punto di vista credo che questa deve essere la prima mobilitazione di un autunno di mobilitazione contro il caro vita.

Quali sono le vostre priorità in questo senso?

Avremmo dovuto fare molto di più contro il governo Draghi. Ora le priorità sono salari, bollette e caro vita. Dovremmo lanciare una grande campagna salariale sui contratti nazionali, a cominciare dal mettere in discussione il sistema di calcolo legato all’Ipca che si basa sull’aumento dell’inflazione depurato proprio dai costi energetici.

Si aspettava una manifestazione più incentrata sul tema del primo governo guidato da una neofascista?

Sì. Noi saremo in piazza con uno striscione con su scritto: «Pregiudizialmente antifascisti e antifasciste» proprio per contestare l’idea che la Cgil dica «Non siamo pregiudizialmente contro questo governo» perché il governo che si creerà lo conosciamo già: sarà guidato da un partito che ha un simbolo dichiaratamente fascista, la fiamma. Noi come Cgil abbiamo sempre sostenuto che i diritti sociali vanno insieme ai diritti civili: in entrambi i casi le nostre richiesta sono distanti anni luce a Meloni e lo sappiamo già senza aspettare la finanziaria. Meloni, Salvini e Berlusconi pochi giorni fa hanno sottoscritto il manifesto pro life che definisce l’aborto come «soppressione di una vita inerme». Più che dire: «Qualsiasi governo ci sarà noi ci sediamo al tavolo», io preferirei una Cgil che dice: «Qualunque governo ci sarà, noi saremo in piazza». Poi valuto il merito, ma mi preparo all’opposizione sociale.

Per voi dunque la linea della Cgil è stata troppo morbida contro il governo Draghi? In realtà in pochi si aspettavano lo sciopero generale di dicembre con la sola Uil

Fin dall’inizio quando Landini definì la scelta di Draghi fatta da Mattarella come «di alto profilo». Definire Draghi di «alto profilo» può dirlo Confindustria o i banchieri, non certo la Cgil. E poi abbiamo visto come non ha sciolto Forza Nuova. Da dicembre con lo sciopero generale forse qualcuno ha cambiato idea, ma è stato troppo tardi.

Il congresso della Cgil che si chiuderà a marzo è ripartito – dopo lo stop per le elezioni – con le assemblee suoi luoghi di lavoro: quali aspettative per il vostro documento?

In realtà gran parte delle assemblee partiranno da lunedì perché l’organizzazione – noi compresi – è stata tutta impegnata per il successo della manifestazione. La nostra è la battaglia di Davide contro Golia perché non abbiamo alcuna Camera del lavoro a favore e la nostra agibilità è sempre complessa. Detto questo, le nostre ragioni, la voglia di avere una Cgil più radicale che rompa con l’interiorizzazione della responsabilità e della rassegnazione sta incrociando una forte voglia di cambiamento. Nelle nostre roccaforti – la Gkn che per noi è il modello stesso di come andrebbero fatte le lotte, l’Electrolux di Susegana, Fincantieri di Palermo e Comune di Milano – facciamo la differenza e la facciamo nei rapporti con i movimenti: Non una di meno, Fridays for future, movimento Lgbtq.