L’appetito di Vincent Bolloré non conosce limiti. Il magnate francese, proprietario della holding Vivendi e del gruppo editoriale Editis, intende acquisire Hachette, colosso francese dell’edizione, sesto gruppo al mondo con un fatturato di oltre due miliardi di euro. Vivendi aveva annunciato a dicembre l’opa sul gruppo Lagardère, che detiene Hachette, e si appresta a formalizzare la fusione nel mese di febbraio, salvo veti da parte delle autorità antitrust dell’Ue.

Sarebbe l’ultima conquista di quello che assomiglia sempre più a un predatore seriale. Nel giro di sei anni, grazie a una serie di acquisizioni aggressive, Bolloré si è assicurato il controllo di una fetta consistente dei media e della produzione culturale francese. In principio fu Canal+, colosso del cinema e della tv, nel 2015. Poi, grazie alla scalata del gruppo Lagardère, l’industriale bretone ha aggiunto al portafoglio radio (Europe 1), giornali (Journal du dimanche), magazine (Paris Match, Gala)… Senza contare l’agenzia pubblicitaria Havas, sulle cui inserzioni si reggono le casse di numerose redazioni. Tutte queste scalate si sono risolte in cambiamenti drastici della linea editoriale, sempre all’estrema destra, con annessi scioperi delle redazioni seguiti da licenziamenti tanto massicci quanto brutali. Una concentrazione di potere inquietante, che ha contribuito in maniera determinante alla candidatura di Éric Zemmour, per anni la star dei talk show della Tv-Bolloré.

La fusione tra Editis (Bolloré) e Hachette costituirebbe un gigante monopolistico senza precedenti nel mercato editoriale francese. Secondo una stima di Antoine Gallimard (presidente dell’omonima casa editrice), fornita a Le Monde, un tale colosso «concentrerebbe il 52% del top 100 delle vendite di libri in Francia», e il 74% «nell’editoria per la scuola, così sensibile socialmente e politicamente… Questa fusione creerebbe una situazione di dominio mai vista sul mercato francese».

Tale «mastodonte» editoriale «mette in pericolo la biodiversità letteraria», secondo un gruppo di scrittori autori di una lettera aperta su Le Monde il 4 gennaio. Ma il pericolo, più che prettamente editoriale, è propriamente politico. Come ha detto Virginie Despentes a Libération, niente impedisce a Bolloré di mettere «un tizio di estrema destra alla testa delle case editrici che compra, (…) e una parte del catalogo può benissimo essere cancellata per pura ideologia: i gender studies, i saggi femministi, antirazzisti, la filosofia… È insopportabile vedere dei libri sepolti vivi».

Scenari distopici, ma non per questo lontani dal reale. Lo scorso ottobre, Lise Boëll, ex-editrice di Éric Zemmour, è stata nominata a capo della casa editrice Plon, proprietà di Editis (quindi del gruppo Bolloré). Nello stesso periodo, un libro inchiesta su Zemmour, previsto per i tipi di Plon, è stato improvvisamente annullato e indirizzato verso un altro editore, Seuil, non soggetto all’insaziabile appetito dell’industriale bretone.