«Siamo in un’economia di Guerra», ha affermato il presidente Diaz-Canel alla conclusione dei lavori dell’Assemblea nazionale del poter popolare, il parlamento cubano, dieci giorni fa. Al contrario dei pronostici (crescita del 3%) l’economia cubana si è contratta di un 2% (ministro economia Gil). L’inflazione è valutata al 30% , mentre sono fallite le misure per stabilizzare i prezzi, e gli investimenti esteri sono stati inferiori a quelli previsti (ministro commercio interno). Il premier Marrero ha annunciato una serie di misure per la «stabilizzazione macroeconomica» che prevedono aumenti dei prezzi di benzina e elettricità (entrambi incredibilmente bassi, chi scrive ha pagato circa un euro per la bolletta di dicembre) come pure delle tasse per compra-vendita di case e uno sfoltimento della burocrazia e maggiore autonomia imprenditoriale delle industrie di stato. Sulla carta è una strategia integrale e coerente – nonostante l’opposizione la definisca un paquetazo. I dubbi sono sulla sua applicazione.

Infatti, viene ribadito che la colpa della crisi è soprattutto del blocco voluto da Trump e mantenuto dall’amministrazione Biden, ma per la prima volta vengono ammessi gravi errori di politica economica. I pessimi risultati però lasciano la direzione politica con minor credibilità sulla capacità di pianificare una strategia per superare la crisi. Il riferimento al bloqueo poi lascia il dubbio che «il popolo cubano continuerà a passarla male fino a quando un presidente Usa deciderà di cambiare politica?».
È stato anche un anno in cui si è mossa una parte della società civile: il femminismo ha fatto consistenti pressioni anche sugli organismi ufficiali – Unione donne – per la lotta contro i femminicidi, e i cineasti hanno confermato di essere la punta avanzata nella lotta per la libertà di espressione artistica. Mentre alcuni economisti, non dell’opposizione, insistono sulla necessità di ridefinire il «socialismo, e le relazioni sociali, oggi possibili a Cuba».

Il prossimo sarà un anno elettorale negli Usa, dunque non vi è da aspettarsi nessun cambiamento. La motosega di Milei, già in azione in Argentina, prevede corollari subcontinentali dove la destra, sempre più radicale, acquista sembianze e metodi fascistoidi. Insomma Cuba è in crisi e più sola.