«Gli eventi si sono svolti secondo modalità diverse rispetto a quelle descritte dall’agente sottocopertura». «È evidente che la successione degli eventi descritta nell’annotazione dell’agente sottocopertura Bracco Luca del 7.7.2017 è del tutto incompatibile con lo scenario attestato dalle immagini». E ancora: «Sulla base di tale ricostruzione deve escludersi non solo l’incontro iniziale, descritto nell’annotazione dell’agente sottocopertura Bracco Luca, ma anche la contestata consegna concordata dei migranti da parte dei trafficanti al personale della nave Iuventa».

Sono alcuni stralci delle motivazioni che hanno portato il giudice per l’udienza preliminare di Trapani Samuele Corso a prosciogliere gli imputati del maxi-processo alle ong (Iuventa, Medici senza frontiere e Save the children). La decisione risale al 19 aprile scorso, ma la sentenza è stata depositata ieri: 490 pagine che spazzano via anni di menzogne sulle navi umanitarie.

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I «TAXI DEL MARE» non sono mai esistiti, perché non sono mai esistite le consegne concordate o gli accordi con i trafficanti. E questo il gup lo stabilisce con assoluta certezza nel provvedimento scritto al termine di una lunghissima udienza preliminare, durata quasi due anni. Perfino la procura, con una clamorosa inversione a U, alla fine si era schierata per il non luogo a procedere sostenendo la mancanza del dolo: sono stati commessi reati, ma in buona fede. Il giudice, invece, ha assolto perché «il fatto non sussiste», accogliendo la richiesta delle difese: le organizzazioni non governative hanno salvato vite umane, non favorito l’ingresso irregolare di migranti.

La sentenza fa a pezzi l’intero impianto accusatorio. Da un lato demolisce la credibilità dei principali testimoni dei pm: non solo di Pietro Gallo e Floriana Ballestra, saliti sulle navi come dipendenti della Imi security che avevano provato a usare per interessi personali le presunte prove acquisite a bordo, ma anche di Luca Bracco. Cognome finto, almeno per quattro sesti, Bracco era un infiltrato del Servizio operativo centrale (Sco) del ministero dell’Interno. Un agente inviato sulla Vos Hestia di Save the children che ha prodotto solo ricostruzioni false. Comunque debitamente inserite nell’informativa di polizia firmata a giugno 2020 da Sco, Nucleo speciale di intervento (Nsi) della guardia costiera e squadra mobile di Trapani.

«L’atto principale d’accusa», avrebbe detto la procura. Atto che però, secondo il gup, riporta considerazioni «fondate su basi meramente ipotetiche e sospetti investigativi dai quali vengono tratte conclusioni presentate come altamente probabili o addirittura certe». Nelle 600 pagine di quel documento non c’erano prove, ma solo ipotesi, supposizioni. Basate su testimoni inattendibili e dati parziali. E infatti Corso scrive che la polizia giudiziaria «nella ricostruzione delle singole vicende, aveva talvolta concentrato l’attenzione e valorizzato oltremodo aspetti di portata dimostrativa limitata, senza tenere conto complessivamente di tutti gli elementi disponibili o comunque agevolmente acquisibili, e da dati del tutto incerti e privi di significato univoco aveva sviluppato valutazioni e raggiunto conclusioni presentate come certe».

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SIGNIFICA CHE intorno a dettagli insignificanti, come un saluto da parte di alcuni ladri di motori o una manovra per sgomberare l’area dai barconi abbandonati, gli inquirenti hanno costruito il teorema degli accordi pregressi tra ong e trafficanti. Mentre intanto omettevano le prove decisive che lo avrebbero smentito: per esempio i tracciati delle navi o le comunicazioni tra queste e la guardia costiera. Finite nel fascicolo solo su richiesta delle difese.

In questo quadro le telefonate che indicano le coordinate dei soccorsi sono attribuite ai trafficanti, ma vengono dalle autorità italiane. Un «carico da fare domani sera» viene interpretato come una consegna concordata di migranti, ma è una battutaccia a sfondo sessuale di un marinaio. Dalle trascrizioni dell’informativa sparisce il passaggio di una chiamata tra Gallo e Ballestra in cui i due parlano dei «clandestini» come di «animali». Dal documento manca anche l’intercettazione tra Ballestra e sua zia in cui la prima racconta l’incontro ottenuto con Matteo Salvini dopo aver fornito al leghista le pseudo-prove contro le ong. La donna racconta di aver ricevuto promesse di lavoro e vagheggia perfino una candidatura.

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A MANCARE INVECE dalle tante pagine della sentenza è la procura di Trapani. Quasi non fosse stata lei, sulla base di quell’atto di polizia giudiziaria di dubbia matrice e ambigua fattura, a confezionare inizialmente la richiesta di rinvio a giudizio per 21 persone tra professionisti del mare, attivisti e operatori umanitari. Anche perché il gup afferma che in qualsiasi caso per gli imputati sarebbe valsa la scriminante umanitaria, quella per l’adempimento del dovere di soccorso e poi lo stato di necessità. Perché erano salvataggi e non traffico di persone. La sentenza sottolinea poi la necessità di evacuare i migranti presenti in Libia, ricostruendo il contesto di gravissime violenze grazie a un rapporto Onu relativo al 2016. Da allora la situazione non è migliorata.

«Siamo molto soddisfatti. Il giudice ha ripreso gran parte delle nostre posizioni, sia sugli aspetti generali che su quelli più tecnici», afferma Stefano Greco, avvocato di Msf. «Gli importanti principi affermati dal tribunale chiariscono una volta per tutte l’innocenza dei nostri difesi, ma soprattutto la necessità e la doverosità del soccorso delle persone che muoiono ogni giorno nel Mediterraneo», scrivono in una nota i legali di Iuventa Francesca Cancellaro, Nicola Canestrini e Sandro Gamberini.

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LE ONG STANNO ORA ragionando su possibili azioni legali. Per Iuventa resta in piedi la questione della nave che la capitaneria di porto di Trapani avrebbe dovuto custodire dopo il sequestro dell’agosto 2017: è quasi distrutta e lo Stato deve ripristinarla. Per tutti rimangono le grandi perplessità sulle modalità con cui sono state condotte le indagini. Potrebbero essere il sintomo delle reali responsabilità, anche politiche, a monte di un processo che ha cambiato la storia del soccorso in mare e la percezione delle ong da parte della società italiana.