Si è conclusa nel tardo pomeriggio di ieri la visita lampo a Algeri di Mario Draghi, accompagnato da 6 ministri del suo governo (Roberto Cingolani, Luigi Di Maio, Luciana Lamorgese, Marta Cartabia, Enrico Giovannini ed Elena Bonetti) per il quarto vertice italo- algerino. Sul tavolo diversi i temi, dalla guerra in Ucraina ai flussi migratori, fino al vero motivo della visita : la partnership tra Italia e Algeria sul gas dopo la firma, tre mesi fa, di un nuovo accordo di «parternariato energetico».

Il vertice serviva appunto a «confermare la partnership privilegiata nel settore energetico», secondo quanto dichiarato da Draghi nella conferenza congiunta con il presidente algerino, Abdelmajid Tebboune, con una serie di nuovi accordi bilaterali che riguarderanno anche «giustizia, microimprese e start-up, cooperazione industriale, sviluppo sostenibile e tutela del patrimonio culturale».

Algeri ha annunciato il 15 luglio, tramite l’agenzia ufficiale Aps, che da questa settimana aumenterà di ulteriori «4 miliardi di metri cubi le consegne del colosso statale algerino Sonatrach al gruppo italiano Eni» – attraverso il gasdotto Transmed che passando dalla Tunisia arriva in Sicilia a Mazara del Vallo – per raggiungere un totale di 27 miliardi di metri cubi all’anno, facendo diventare l’Algeria il primo paese fornitore di gas per l’Italia.

Sonatrach ha reso noto di voler puntare lungo l’asse «privilegiato con Eni e con l’Italia» sulla fornitura di gas, più che sul gasdotto Medgaz che fornisce gas alla Spagna e dopo la chiusura definitiva dell’altro gasdotto Gaz Maghreb Europe che passa attraverso il Marocco, dopo l’interruzione delle relazioni diplomatiche tra Algeri e Rabat riguardo alla questione del Sahara Occidentale. Una crisi diplomatica che coinvolge anche la Spagna, dopo il riconoscimento, lo scorso marzo, del «piano di autonomia proposto dal Marocco sul Sahara occidentale» dal parte del governo di Madrid.

Una decisione «in totale contraddizione con la legalità internazionale e le risoluzioni Onu riguardo alla colonizzazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco», secondo quanto dichiarato dal presidente algerino Tebboune. Algeri ha così sospeso il «trattato di amicizia, buon vicinato e cooperazione» con la Spagna, lo scorso giugno. E taglioto le forniture energetiche agli spagnoli per 6 miliardi di metri cubi.

L’accordo con il governo italiano è di fatto un ottimo compromesso anche per Algeri: consente da un lato di compensare il taglio alla Spagna e dall’altro di rispettare il patto di «cooperazione e partnership» tra l’Algeria e la Russia, siglato dal ministro degli esteri algerino Ramtane Lamamra e dal suo omologo russo, Sergei Lavrov, lo scorso maggio.

Algeri si è di fatto impegnata a «limitare» la propria fornitura di gas, sempre più richiesto da un’Europa che cerca di ridurre la sua dipendenza dalla Russia, indicando di «non avere la capacità di soddisfare questa domanda a breve termine», in cambio di un nuovo accordo da 5 miliardi di dollari in materia di «cooperazione economica, militare e tecnologica» che consolida la sua alleanza di lunga data con Mosca.

Internamente la situazione economica e sociale resta sempre difficile. Sebbene il paese riesca a garantire la sicurezza alimentare alla popolazione, grazie soprattutto ai maggiori proventi legati agli idrocarburi, la crescita economica va a rilento a causa della corruzione e del clientelismo.
Proprio per questo motivo era nato nel 2019 il movimento di protesta popolare Hirak, che richiedeva un cambiamento radicale per una nuova Algeria «libera e democratica», ma in questi anni è stato duramente represso dal governo di Tebboune. Secondo Amnesty International, ci sono attualmente «266 prigionieri di coscienza in Algeria, incarcerati per il solo fatto di aver manifestato o espresso opinioni contrarie al regime su social o giornali».
Un esempio delle difficoltà legate alla libertà di informazione è la possibile chiusura di El Watan, storico quotidiano indipendenti in lingua francese, «penalizzato» con la negazione dei sussidi statali e di spazi pubblicitari che vengono concessi solo ai media pubblici o privati vicini al regime