Il vociare convulso della Cop28 di Dubai è lontanissimo dal silenzio della Patagonia argentina. Da una parte prevale un turbine di parole che si inseguono e sovrappongono, dall’altra ad imporsi sono i suoni di fondo garantiti dagli infiniti paesaggi che si incontrano. Ascoltando con attenzione si nota che qualcosa è mutato anche nelle enormi distese che vanno dalla steppa patagonica al Parque Nacional Los Glaciares. Perché la percezione che il cambio climatico sia quotidianità è data non solo da quello che si vede, ma anche da ciò che si sente.

È un’affermazione in cui ci si imbatte di sovente a El Calafate, sonnacchiosa cittadina di circa ventiseimila anime adagiata sul Lago Argentino. Nel feudo della famiglia Kirchner, oltre il fu presidente Néstor non vanno dimenticate né la vedova Cristina né la sorella Alicia ad oggi ancora senatrice nonché governatrice della provincia di Santa Cruz, mescolandosi con gli abitanti del posto in luoghi ed orari fuori dai consueti flussi turistici si dialoga con relativa facilità della loro terra. La quale, oltre le orde di visitatori, era e rimane città di frontiera capace di accogliere e comunicare con chi viaggia.

TRA LE CONVERSAZIONI EMERGE QUELLA con Angeles Croiverg, guida ambientale che conosce a fondo il Perito Moreno. Sottolinea che il cambiamento climatico è reale e va ascoltato nei muggiti dei bovini liberi che non sono nel consueto posto, nel rumore del vento inusuale per la stagione in corso, nel troppo frequente desprendimiento, vale a dire il fragore degli iceberg che si staccano dal ghiacciaio. Non è la sola a dare tali indicazioni e purtroppo se ne trova effettivo riscontro lungo la Ruta 11, strada di circa settanta chilometri che connette El Calafate al Moreno.

Dopo aver costeggiato il Lago Argentino, la carretera si getta verso l’interno. Il paesaggio è più secco e lunare del solito a causa delle scarse piogge. La maggiore aridità ha messo in difficoltà le mandrie al pascolo che non riuscendo più ad alimentarsi come prima, si sono spinte verso le aree boschive collinari prossime al Perito. Il quale, dopo l’ennesima curva, si presenta in tutta la sua magnificenza. Impressionanti i colori bianco e azzurro per cui si contraddistingue, altrettanto stupefacente l’estensione che va ben oltre lo sguardo.

Oltre all’inusitata bellezza, il Moreno ha dalla sua una caratteristica che gli ha permesso di entrare nei cuori delle migliaia di persone che ogni anno lo raggiungono, ovvero la facile accessibilità. Al termine della Ruta 11 vi sono infatti due possibilità: la prima prevede di camminare lungo il percorso delle paserelas che affaccia sul lato nord del Canal de los Témpanos, la seconda di salire a bordo del catamarano che navigando verso sud nel canale Brazo Rico giunge alla base del ghiacciaio da esplorare poi con apposite escursioni.

CON L’AIUTO DI JOSÉ PERA, decano delle guide locali, una volta sbarcati percorriamo il sentiero che dalla riva si inerpica nella collina che precede il Moreno. Le sue parole fanno eco a quelle della Croiverg, in quanto dopo averci segnalato che il bosco che attraversiamo presenta un fogliame con colori totalmente fuori stagione, chiede di concentrarci su di un rumore sordo che si ripete più volte in pochi secondi: «È il tonfo in acqua dato dal desprendimiento del ghiaccio. Nell’ultima estate la frequenza è aumentata. Non è un buon segnale». Pera parla consapevolmente, in quanto cammina sul Perito da oltre trent’anni: «Il Moreno è speciale, perché a differenza di altri ghiacciai della zona, ha sempre mantenuto un comportamento relativamente stabile. Ma tre anni fa ha iniziato a rimpicciolirsi, specialmente ai lati, come si può notare guardando le morene direzionate verso il fronte che affaccia sul lago. In precedenza il pendio d’ingresso era più dolce grazie alla maggior quantità di ghiaccio che poggiava sulla terraferma, mentre ora si è fatto ripido».

I SUOI DETTAGLI FANNO IL PAIO con quanto indica nel paesaggio all’uscita del bosco: il pendio laterale del Moreno è così aspro che la passerella d’accesso è spostata rispetto agli attacchi originali. Calzati i ramponi, raggiungiamo sul ghiaccio Lucas Ruiz, glaciologo che per conto dello Ianigla (Instituto Argentino de Nivología, Glaciología y Ciencias Ambientales) si occupa di studiare e comprendere in che modo il cambiamento climatico stia influenzando i ghiacciai delle Ande argentine. Ad essere al centro delle sue attenzioni e degli altri scienziati dell’Instituto è proprio il Moreno, sul quale è stato di recente portato a termine un progetto di ricerca che ne prevedeva il monitoraggio.

Lo studio in questione, commissionato da Empresa Energia Argentina S.A. nel quadro del Plan de Gestión Ambiental de las Represas del río Santa Cruz, viene presentato in anteprima a L’Extraterrestre proprio da Ruiz: «Il cambiamento climatico, in termini di aumento di temperatura e diminuzione delle precipitazioni si avverte nell’intero pianeta, Ande incluse. I ghiacciai sono dei segnalatori di tali variazioni: non c’è una zona polare o di montagna dove non vi sia perdita di massa.

Per comprendere come ciò riguardi il Moreno, va ricordato che il bacino superiore del fiume Santa Cruz possiede la più vasta area di ghiaccio del paese. Conta un totale di 1.064 ghiacciai che nel 2000 coprivano una superficie di 2.978 km², di cui il 97,5% scoperti, cioè senza significativa copertura detritica. I più grandi, originari del Campo de Hielo Sur, hanno superfici straordinarie, tra cui quattro oltre i 100 km²: Viedma, Upsala, Spegazinni e Perito Moreno. Dalla Pequeña Edad de Hielo ad oggi, ovvero tra il 1650 e il 2017, si osserva una perdita totale di superficie del 18%. Negli ultimi decenni c’è stata un’accelerazione della riduzione. Tra il 2000 e il 2020, i ghiacciai del bacino Santa Cruz hanno perso massa a un tasso quasi doppio della media regionale. Viedma e Upsala rappresentano il 90% del totale perduto tra 2000 e 2020. Di contro, il Moreno ha avuto variazioni ben diverse».

Mentre Ruiz prosegue nelle spiegazioni, inoltrandoci sul Perito non possiamo non notare come il continuo scorrere dell’acqua crei canali e forme sempre nuove, dando vita ad una morfologia unica in continua trasformazione: «Il Moreno, che misura 263 km², è un ghiacciaio complesso. Il limite superiore è la vetta del Cerro Pietrobelli di 2950 metri, mentre il fronte che termina nel Lago Argentino ha un’altezza di 230 metri. Dall’interpretazione delle immagini satellitari, la linea di equilibrio del ghiacciaio è prossima ai 1200 metri. Utilizzando le morene medie del ghiacciaio, la direzione del flusso, le informazioni topografiche e le immagini satellitari, sono stati individuati quattro grandi bacini di accumulo (Sur, Pietrobelli, Passo Ameghino e Hondonada).

Questa sua complessità ha influito sul cambiamento di massa: è rimasto stabile tra 1976 e 1990, tra 1990 e 2000 ha avuto una leggera perdita, tra 2000 e 2015 un aumento e tra 2015 e 2023, una forte perdita di massa. L’ultimo settennio è il periodo più lungo e con i tassi più alti degli ultimi qurantasette anni. Durante il progetto siamo riusciti a identificare e quantificare cambiamenti significativi nella posizione del fronte del ghiacciaio, che hanno messo in allerta autorità, fornitori di servizi turistici e grande pubblico. Sul margine settentrionale del Canal de los Témpanos misuriamo un ritiro annuale di trecentocinquanta metri.

Nell’ultimo anno abbiamo osservato una situazione simile sul margine meridionale del Brazo Rico. Inoltre siamo stati in grado di eseguire una stima indipendente dell’ablazione frontale: dal 2020 al 2023 il tasso è raddoppiato. Tale aumento è legato al forte arretramento del fronte sul margine settentrionale del Canal de los Témpanos e al leggero aumento della velocità superficiale. Ciò significa che è fondamentale proseguire con il monitoraggio sistematico dell’ablazione frontale del ghiacciaio per capire se siamo di fronte all’inizio di una fase di destabilizzazione, simile a quanto avvenuto in altri ghiacciai regionali o se è possibile per il Moreno recuperare nuovamente la sua morfologia».

LA VOCE DI RUIZ è continuamente intervallata dal desprendimiento degli iceberg dal fronte del ghiacciaio: «Una importante conclusione che arriva dall’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), racconta che siamo stati in grado di constatare che la velocità alla quale stanno perdendo massa i ghiacciai negli ultimi decenni è la più alta degli ultimi duemila anni. Ora sappiamo che riguarda anche il Moreno. Se riusciremo a mantenere il surriscaldamento sotto un grado e mezzo, su Ande, Alpi, grandi montagne del Nord America e dell’Asia, dove una grande parte della popolazione dipende dall’acqua dei ghiacciai, le loro vite saranno molto più sostenibili a lungo termine. Questo è il messaggio da trasmettere alle generazioni di oggi e domani: bisogna agire contro il cambiamento climatico, fare la nostra parte e diminuire le nostre emissioni di gas a effetto serra».