I«L’invasione russa dell’Ucraina ha posto fine alla globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi trent’anni». Punto. Arriva al settimo paragrafo, la frase chiave della «lettera agli azionisti» firmata da Larry Fink, una lettera che di paragrafi ne conta 68. E detta così, sembra solo un’altra previsione apocalittica sullo sfondo di una guerra che terrorizza tutti.

MA LARRY FINK È la globalizzazione. La sua creatura, il fondo-mammuth BlackRock, gioca in un campionato diverso dal resto del mondo finanziario. È nata esattamente quando quel muro a Berlino venne abbattuto, l’Urss si dissolse nell’attuale cleptocrazia semi-imperiale, il mercato dei capitali divenne più o meno planetario «e il mondo beneficiò dei dividendi della pace globale» – sempre parole di Fink.

E gioca da sola perché maneggia circa 10mila miliardi di dollari di capitale gestito, che sono più del pil di Germania, Francia e Italia messi insieme. Un terzo è in Europa, inclusi il gotha delle imprese italiane e quote di debito pubblico che la Banca d’Italia tiene segrete. Una massa di denaro che concede il peculiare potere di auto-avverare le proprie previsioni.

 

Il quartier generale di BlackRock a New York (Ap)

 

Se Mr Globalization sostiene che è finita, conviene ascoltarlo. La tesi del fondatore e amministratore delegato di BlackRock prende le mosse da quella «democrazia degli azionisti» che avrebbe ormai sostituito la democrazia rappresentativa, e di cui Fink è massimo promotore .

LA “LETTERA AGLI AZIONISTI” è un genere letterario: una volta l’anno scrive agli azionisti e una agli amministratori delegati – coi capi di stato ci parla direttamente. «L’aggressione della Russia e la sua conseguente sconnessione dall’economia globale spingerà le aziende e i governi di tutto il mondo a riconsiderare le loro dipendenze e rianalizzare i propri parametri di produzione e assemblaggio». E mentre sotto i riflettori c’è una dipendenza, quella energetica dalla Russia, «compagnie e governi guarderanno più estesamente alle loro dipendenze da altre nazioni. Cosa che può spingerli ad aumentare le loro attività onshore o nearshore, e quindi a rapide ritirate da altri paesi». Nella tua terra o nei pressi: lo stesso linguaggio di Joe Biden quando suggerì di «consumare americano» all’inizio della presidenza. Oppure un modo educato di dire protezionismo.

LAURENCE DOUGLAS “LARRY” FINK oggi ha 69 anni, ne aveva 35 quando perse 100 milioni di dollari puntando su tassi che crollarono, e se ne andò dalla First Boston Bank per fondare la sua società. All’inizio erano in 13. Ora sono circa 16mila.
In mezzo, la nascita nel 1993 dei “fondi passivi” (Etf), legati a un preciso indice di borsa e poco costosi, e lo sviluppo di un sistema di analisi chiamato Aladdin, come il noto ladro di lampade onnipotenti delle Mille e una notte. Aladdin analizza milioni di volte al giorno ogni dato borsistico, e punta sul risultato.

Un algoritmo, insomma, pervasivo come quello Google: «Da quando ti alzi la mattina e fai colazione, ti vesti, prendi la macchina, vai a lavorare, accendi il computer e usi il tuo smartphone, in ogni momento BlackRock è presente» (Heinke Bucther, BlackRock, 2015).

NON È CHE FINK NON AIUTI un po’ la sua roulette: è consulente retribuito di governi e istituzioni che spaziano dal Tesoro di Usa, Grecia, Spagna e Irlanda fino alla Bce di Mario Draghi, che lo ingaggiò per i piani di acquisto di titoli garantiti e per gli stress test delle grandi eurobanche.

Come gli analisti pubblici e gli investitori privati di BlackRock possano evitare di rivolgersi la parola e far esplodere un immane conflitto di interessi – i primi accedono ai segreti contabili su cui i secondi investono – è uno dei misteri dell’economia globalizzata.

CHI PAGHERÀ L’ADDIO alla globalizzazione? Larry Fink qualche sospetto ce l’ha. Rischia il lavoro: «Le banche centrali dovranno decidere se vivere con un’alta inflazione o rallentare l’economia e l’occupazione per abbassarla». Rischia il prezzo dell’energia e cioè di tutto: «Gli alti costi dell’energia imporranno terribili ostacoli a chi meno può affrontarli». Rischia il clima: «Nella transizione dal carbonio all’energia verde dovremo passare attraverso molte fasi di marrone».

Pagherà chi non ha di che pagare, insomma. Ci aspetta un po’ di sano neo-feudalesimo.

Errata Corrige

Larry Fink dice addio alla globalizzazione e già sospetta chi pagherà il conto. La lettera agli azionisti del boss del fondo d’investimenti più potente del mondo, BlackRock, 10mila miliardi di dollari di capitale gestito, che nasce con la caduta del Muro di Berlino: basta dipendenze da altre nazioni. E guai al clima: «Nella transizione dal carbonio all’energia verde dovremo passare attraverso molte fasi di marrone».