I repubblicani si fregano le mani e già passano all’attacco dopo la scoperta di documenti classificati del governo statunitense nel Penn Biden Center for Diplomacy and Global Engagement di Washington, e in seguito nel garage della casa vacanze di Joe Biden in Delaware. Su Truth Social, Donald Trump detta la linea: «Merrick Garland deve immediatamente terminare l’indagine del Consigliere speciale su di me perché io ho fatto tutto in modo giusto, e nominare un Consigliere speciale per indagare su Joe Biden che lo odi almeno quanto Jack Smith (lo special counsel nominato da Garland per condurre l’inchiesta sui documenti trafugati di Mar-a-Lago, ndr) odia me».

TUTTO COMINCIA il 9 gennaio, quando uno scoop della Cbs rivela il ritrovamento, in un ufficio dell’istituto per le relazioni internazionali intitolato a Biden, di una decina di documenti classificati dell’epoca della presidenza Obama. Documenti che, come il mondo intero ha scoperto con il raid dell’Fbi a Mar-a-Lago per recuperare i file trafugati da Trump, vanno tassativamente consegnati agli Archivi Nazionali al termine di ogni mandato presidenziale (e vicepresidenziale). Rivelazione seguita a stretto giro da quella su altri documenti classificati, trovati stavolta nel garage di Biden a Wilmington.
È così che giovedì il Procuratore generale Usa ha nominato un consigliere speciale, Robert K. Hur, per indagare sul caso, come già aveva fatto in quello di Trump.
I media “mainstream” statunitensi da giorni ribadiscono un’ovvietà: questo caso, nonostante le apparenze, è molto diverso da quello di Trump che ha sottratto le carte, ignorato le ripetute richieste degli Archivi nazionali, ignorato l’ingiunzione del Dipartimento di Giustizia perché le desse indietro, e ha ceduto solo davanti all’Fbi che entrava nella sua villa alle prime luci dell’alba come in un film hollywoodiano. Per poi sostenere di aver declassificato quei documenti con la forza del pensiero.

I LEGALI DI BIDEN che hanno fatto la scoperta hanno invece subito allertato gli Archivi, consegnato i file, e condotto ulteriori ricerche per scoprire se ce ne fossero altri (come infatti è risultato).
Ma com’era prevedibile ora l’accusa di ipocrisia spopola nel Gop e fra i suoi peggiori sostenitori nei media, come Tucker Carlson: «Ogni singola volta vi accusano dei loro stessi peccati», ha detto ai suoi spettatori su Fox News. Mentre nel Congresso di nuovo a maggioranza repubblicana il neonato Comitato sulla «militarizzazione» del governo federale (nato per indagare la fantomatica persecuzione dei conservatori a opera dell’amministrazione dem) infila nuove frecce al suo arco: il deputato Gop dell’Ohio Jim Jordan ha subito assicurato che i documenti di Biden saranno una «priorità» nei lavori del comitato.
Di certo non è una bella figura per l’amministrazione Biden – condannata, come scrive il Washington Post, a «settimane di prime pagine» sull’argomento – specialmente in considerazione delle tempistiche del caso. La scoperta dei documenti al Penn Biden Center risale infatti al 2 novembre dell’anno scorso, appena quattro giorni prima del midterm sul quale avrebbe avuto conseguenze nefaste, ed è solo in seguito alle rivelazioni sui media che la Casa bianca ha ammesso pubblicamente il passo falso, senza peraltro “vuotare il sacco” e menzionare il secondo ritrovamento, di qualche giorno successivo e di nuovo svelato dai giornalisti. Il nervosismo dell’amministrazione viene tradito dalla risposta un po’ surreale data da Biden alla stampa che lo incalzava sui documenti ritrovati nello stesso luogo in cui tiene la macchina: «La mia corvette è in un garage chiuso a chiave, ok? Non è che sta in mezzo alla strada».

AL WASHINGTON POST, l’ex consigliere di Hillary Clinton Brian Fallon ha detto di non ritenere che ci saranno conseguenze legali per il presidente. «Il beneficio principale per i repubblicani è che Trump può tirare un sospiro di sollievo», dato che ora sarà più difficile per Garland autorizzare un’azione penale contro di lui – «anche se meritata»