In un clima di forti tensioni ha preso il via ieri la campagna elettorale in Senegal: 12 coalizioni si fronteggeranno con l’obiettivo di consolidare o ottenere, il 31 luglio, la maggioranza dei 165 deputati dell’Assemblea nazionale.

L’emiciclo è attualmente in gran parte dominato dalla coalizione presidenziale Benno Bokk Yakaar (Bby o “Uniti per la stessa speranza”), con 125 deputati che sostengono l’attuale presidente Macky Sall. Ma la coalizione Yewwi Askan Wi (Yaw o “Liberate il popolo”) punta a sfidare questo ordine stabilito alle urne, affidandosi ai giovani senegalesi in cerca di cambiamento. Yaw è la coalizione guidata dalla principale figura dell’opposizione, Ousmane Sonko, considerato probabile competitor alle presidenziali del 2024. Figlio di impiegati statali e originario della Casamance, Sonko è entrato in politica nel 2014 creando il suo partito, il Pastef (Patriotes du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité).

Eletto deputato tre anni dopo si è successivamente posizionato terzo alle presidenziali del 2019, ma la sua popolarità è cresciuta per i temi affrontati che gli sono valsi l’etichetta di politico «antisistema».

I principali argomenti che lo hanno reso molto popolare tra i giovani senegalesi riguardano la difesa della sovranità economica nazionale e l’uscita dal franco Cfa (presentato come simbolo postcoloniale), la lotta contro corruzione e indebitamento, ma in particolare la mancata valorizzazione delle ricchezze del paese – turismo e soprattutto i giacimenti di gas e idrocarburi – con precise accuse nei confronti del presidente Macky Sall.

Questi due schieramenti politici sono anche i principali attori di un incandescente periodo pre-elettorale nel paese. Ai primi di giugno una decisione del Consiglio costituzionale ha creato incertezza confermando la decisione del ministero dell’Interno di respingere alcuni candidati della coalizione Yaw per le legislative, tra cui Sonko e altri esponenti delle opposizioni.

«La decisione del Consiglio costituzionale è disordinata e pone molti problemi a livello giuridico, elettorale e politico in generale», ha indicato all’agenzia Afp Alioune Tine, presidente dell’Afrikajom Center, un think tank che lavora sul rispetto della democrazia nel paese, accusando il governo senegalese di «incostituzionalità nell’aver impedito alla popolazione di manifestare in queste settimane».

Divieti che hanno spinto i sostenitori di Sonko a protestare «illegalmente» in tutto il paese con manifestazioni sfociate, lo scorso 17 giugno, in violenti scontri nella capitale, Dakar, e nella regione meridionale di Casamance. Bilancio 4 morti e più di 200 arresti, tra cui tre deputati dell’opposizione.

Le radici di questa tensione risalgono all’anno scorso, quando Ousmane Sonko è stato arrestato per aver disturbato l’ordine pubblico, mentre si recava a una citazione in tribunale. Denunciato per stupro, Sonko ha poi denunciato un «complotto giudiziario» orchestrato da Macky Sall proprio per impedire la sua ascesa politica. Anche allora le manifestazioni di protesta causarono 14 morti e centinaia di feriti.

Alle tensioni politiche si aggiungono il deterioramento della situazione socioeconomica – prodotta sia dalla pandemia che dalla guerra in Ucraina con un aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e della carenza di cereali e fertilizzanti – e la disintegrazione dei servizi sociali di base, in particolare sanitari.
«La gente vuole un cambiamento nel paese attraverso un confronto politico democratico e pacifico– conclude Tine – questo è l’auspicio che tutti i senegalesi sperano per queste legislative e per le future presidenziali».