È di qualche giorno fa la notizia che Netflix starebbe per acquistare una storica, sontuosa, sala hollywoodiana, l’Egyptian, salvandola dal declino fisico che negli anni ha offuscato la ricchezza dei suoi motivi architettonici di stile egiziano; e iniettando nuovo capitale nell’organizzazione no profit che la gestisce, l’American Cinematheque. Anni fa, la Disney aveva analogamente salvato un movie palace qualche isolato distante, El Capitain, riportandolo allo splendore originale, e adibendolo alle prime più importanti dei film dello studio. Anche Netflix prevede di usare l’Egyptian nei giorni infrasettimanali per ospitare eventi speciali legati alle sue produzioni, affidando il resto della programmazione del weekend al team dell’American Cinematheque.

MENTRE la compagnia di Ted Sarandos -entrata ufficialmente nella rosa degli studios, e dopo aver acquistato anche dei teatri di posa – aderisce sempre di più anche al passato dell’industria dello spettacolo, comprandone, con l’Egyptian, un pezzo di storia, quella di Bob Iger – rinforzata dall’acquisto della Twentieth Century Fox- si arma per il futuro. Atteso da circa due anni, e da alcuni già battezzato il D Day, l’undici aprile è stato il giorno in cui la Disney ha annunciato il suo streaming service, modellato su quello di Netflix. Si chiamerà Disney Plus, costerà 7 dollari al mese (contro i 13 dell’abbonamento standard di Netflix) e sarà interamente dedicato a film e spettacoli televisivi della casa, con particolare accento sui grossi marchi -Pixar, Marvel, Disney e a franchise come Star Wars.

PREVISTO in Usa entro novembre, il servizio dovrebbe allargarsi all’Asia e all’Europa l’anno successivo e raggiungere, secondo le previsioni, un totale tra i 60 e i 90 milioni di abbonati entro il 2024. Nel primo anno di programmazione, Disney Plus offrirà dieci film e venticinque serie tv originali, tra cui alcuni spinoff di Avengers. Tutte le trenta stagioni della sitcom animata Simpsons (una produzione Fox) saranno disponibili sulla piattaforma, come l’intero archivio della Pixar e titoli classici della Fox, come il film Tutti insieme appassionatamente e il programma tv Malcolm.

Alla presentazione di giovedì, un rullo di 14 minuti, già conteneva, a fianco di Mickey Mouse, perle dell’archivio Fox come Titanic, Avatar e Alien. Nelle parole di Iger, il nuovo archivio, potenziato dall’acquisto dello studio di Murdoch «è una caverna di tesori di contenuto dal valore duraturo con cui nessun altro colosso tecnologico può rivaleggiare».

DIVERSAMENTE da Apple, che qualche settimana fa ha annunciato le sue ambizioni nello streaming, alla presenza di una parata di star (tra cui la nemesi di Netflix, Steven Spielberg) ma con pochi dettagli sui contenuti, Disney, il primo gigante dello spettacolo tradizionale che si avventura nella guerra delle piattaforme (AT&T/Warner Bros. sarà il prossimo) entra in campo con una quantità enorme di prodotto, collaudato e amatissimo. Da cui estrarre una serie infinita di nuove storie. Come The Mandalorian, una delle serie originali incluse nella presentazione, creata da Jon Favreau e ambientata nell’universo di Star Wars, con un budget di 100 milioni per 10 episodi, simile a quello giudicato stravagante delle prime stagioni del Trono di spade. Illustrata durante la presentazione anche una Disney Plus app, con titoli dedicati ai principali brand dello studio, e la possibilità di crearsi un avatar scelto dalla sterminata galleria dei personaggi Disney.